ROMA – Yulia Skripal, avvelenata a Salisbury assieme al padre ed ex spia doppiogiochista Serghiei Skripal, avrebbe telefonato dall’Inghilterra alla cugina Viktoria, che vive in Russia, dicendole di star bene e che anche il padre è in condizioni “normali”.
La notizia – la cui autenticità non è verificabile – è stata data dalla tv di Stato russa, che ha trasmesso la presunta registrazione della conversazione, che sarebbe stata fornita dalla stessa Viktoria Skripal. La stessa tv di Stato russa sottolinea di non poter assicurare l’autenticità della registrazione.
Viktoria Skripal ha confermato all’agenzia Interfax di aver parlato oggi al telefono con la cugina Yulia e che questa le ha detto di star bene. Viktoria si è detta stupita del fatto che la telefonata di Yulia sia arrivata proprio il giorno dopo che lei aveva detto ai media che non le permettevano di parlare con la cugina ricoverata in Inghilterra.
Nella presunta registrazione della telefonata – la cui autenticità non è verificabile – la donna che si identifica come Yulia dice che a Viktoria non sarà rilasciato il visto britannico per andarla a trovare in Inghilterra.
La presunta Yulia afferma inoltre che “tutti stanno guarendo” e “tutti sono vivi”. E quando Viktoria le chiede della salute dello zio – il padre di Yulia ed ex spia russa doppiogiochista, Serghiei Skripal – risponde: “Tutto bene. Adesso riposa, sta dormendo. La salute di tutti va bene. Non c’è nulla di irreparabile”.
Londra boccia l’aiuto russo, no a indagine congiunta. Fuori i secondi. Il consesso diplomatico dell’Organizzazione Internazionale per la Proibizione delle Armi Chimiche (Opac), all’Aja, diventa un ring dove Russia e Regno Unito tornano a scambiarsi colpi sopra e sotto la cintura sull’avvelenamento a Salisbury dell’ex spia Serghiei Skripal e di sua figlia Iulia: in una guerra di sospetti incrociati che culmina nel secco ‘no’ di Londra a qualunque offerta di collaborazione di Mosca all’indagine, liquidata alla stregua di “una perversione”.
I toni restano sentenziosi, a dispetto degli imbarazzi suscitati al governo britannico dall’ammissione di Gary Aitkenhead, direttore del laboratorio militare di Porton Down, di non poter confermare il Paese di provenienza dell’agente nervino usato un mese fa.
E quindi nemmeno le accuse esplicite verso la Russia scagliate – proprio con il paravento di presunte prove certificate da Porton Down – dal ministro degli Esteri, Boris Johnson: accusato ora dal leader laburista Jeremy Corbyn d’aver mentito, in un’intervista a una tv tedesca e persino in un tweet poi maldestramente cancellato dal Foreign Office.
Scivolone che secondo Downing Street non cancella del resto la convinzione che Mosca sia “colpevole”, anche sulla base di ulteriori, imprecisati, “elementi” indiziali e dell’assenza di spiegazioni “plausibili” alternative.