Somalia: il paradosso della pirateria, crea sviluppo e ricchezza

ROMA – L'attività dei pirati somali nel Golfo di Aden, che nel solo 2009 hanno raccolto circa 55 milioni di euro – il doppio del valore dell'intero export di bestiame somalo -, sta creando ricchezza e sviluppo in intere aree della Somalia, in particolare nella regione semiautonoma del Puntland, dove la pirateria gode di una vasta rete di complicità. E' quanto afferma uno studio elaborato dal think-tank britannico Chatham House, che ha utilizzato anche immagini satellitari ad alta risoluzione.

Da queste ultime – si legge sul sito della Bbc – si nota con evidenza come dal 2000 siano state ricostruite e migliorate di qualità le case. E come la cittadina di Garowe, in Puntland, abbia raddoppiato la sua area, sviluppando l'edilizia abitativa, quella industriale e le infrastrutture.

Dalle foto notturne dallo spazio emerge in particolare un netto aumento dell'uso dell'energia elettrica, con il moltiplicarsi della luce artificiale, un chiaro indicatore di benessere.

E tutto questo malgrado il generale impoverimento del resto della Somalia, preda di guerra civile e di carestie. Uno sviluppo in contrasto anche con quanto mostrano le foto satellitari della zona dei due porti di riferimento dei pirati, da loro usati come basi e rifugio, Eyl e Hobyo, dove lo sviluppo non sembra aver attecchito.

Lo studio della Chatham House cita anche una recente ricerca dell'Onu, secondo la quale il 30% dei riscatti pagati ai pirati – che tuttora detengono 40 navi con circa 400 ostaggi – viene tenuto o reinvestito dagli stessi pirati, molti dei quali sono ex pescatori ridotti in rovina dalla pratica industriale della pesca a strascico. Il 10% viene distribuito ai "basisti" a riva, il 10% in doni e bustarelle alla comunita' locale e il 50% a sponsor e finanziatori, che in genere, scrive la ricerca Onu, sono all'estero.

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