Strasburgo condanna Mosca: “I Gay Pride vanno permessi”

Pubblicato il 15 Aprile 2011 - 19:33 OLTRE 6 MESI FA

STRASBURGO – E’ diventata definitiva la sentenza di condanna della Russia da parte della Corte europea dei diritti umani per aver proibito le sfilate del ‘Gay pride’ a Mosca tra il 2006 e il 2008. La Corte di Strasburgo ha infatti reso noto di aver respinto la richiesta del Cremlino di riaprire davanti alla Grande Camera il caso sollevato dal ricorso di Nikolay Alekseyev, uno degli organizzatori delle marce.

Di fatto è stato così confermato quanto scritto nella sentenza emessa da una delle Camere della Corte lo scorso 21 ottobre, quando i giudici stabilirono che vietando i ‘Gay pride’ le autorità avevano violato il diritto individuale di Alekseyev alla libertà di associazione, che protegge anche il diritto a manifestare.

I giudici stabilirono inoltre che all’attivista per i diritti gay non era stata garantita la possibilità di ricorrere contro la decisione delle autorità e che la decisione aveva comportato una discriminazione nei suoi confronti.

Nella sentenza i giudici sottolinearono che Mosca non aveva offerto delle motivazioni ragionevoli per il divieto delle marce. Mosca ha infatti sostenuto che i ‘Gay pride’ dovevano essere vietati per principio, perché la propaganda gay è incompatibile con la dottrina religiosa e la morale pubblica e potrebbe costituire un pericolo per i bambini e gli adulti.

La Corte di Strasburgo non ha accettato neanche un’altra giustificazione di Mosca, quella del mantenimento dell’ordine pubblico. ”Se la possibilità di tensioni o di scontri tra gruppi a favore o contro un’idea durante una manifestazione dovesse risultare nella sua proibizione, la società sarebbe privata della possibilità di ascoltare punti di vista diversi da quelli della maggioranza, e questo sarebbe contrario alla Convenzione”, si legge nella sentenza.

Dopo questa sentenza le autorità russe, se vogliono evitare una nuova condanna, non possono fare altro che permettere i ‘Gay pride’ o trovare una motivazione che la Corte di Strasburgo ritenga ragionevole per proibirle.