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Thailandia: la tv delle camicie rosse riprende le trasmissioni

di Robertar |9 Aprile 2010 19:22

Riprende a trasmettere la Ptv, il “Canale del popolo”, tv di riferimento delle “camicie rosse” thailandesi oscurato ieri dalle autorità. I leader dei manifestanti, contro cui le autorità di Bangkok hanno emesso 17 mandati di arresto, hanno raggiunto un accordo per la ripresa delle trasmissioni con i vertici della società Thaicom, dalla cui piattaforma dipende la messa in onda di Ptv. L’emittente televisiva era stata accusata di “seminare disinformazione”.

È finita, dunque, tra abbracci e sorrisi con le camicie rosse. Dopo pochi minuti di tafferugli, soldati e poliziotti thailandesi sono indietreggiati sotto la spinta di migliaia di manifestanti, lasciando che entrassero nell’edificio. In centinaia hanno poi disertato, confermando il teorema dei “soldati cocomero”, di simpatie rosse sotto l’uniforme verde.

L’intenzione di spargersi in dieci direzioni nella capitale, annunciata ieri dalle camicie rosse, si è rivelata un bluff: fin dalla prima mattina, i manifestanti si sono trasferiti in massa dal campo base nel centro di Bangkok alla sede della Thaicom, decine di chilometri più a nord. L’esercito ha minacciato di usare la forza per disperderli, ma dopo un assedio durato meno di un’ora, al primo tentativo, i “rossi” hanno sfondato la linea difensiva. Le forze di sicurezza hanno risposto con i cannoni d’acqua e uno sporadico lancio di lacrimogeni: negli scontri una ventina di persone hanno riportato lievi ferite. Pochi minuti dopo, centinaia di soldati si sono però allontanati a piedi per i campi, mentre i poliziotti si mettevano in fila per ricevere pacche sulle spalle dai dimostranti. Ottenuta la ripresa delle trasmissioni di Ptv, le camicie rosse sono poi tornate alla Ratchaprasong Intersection, l’incrocio nella zona dello shopping occupato da una settimana.

Per i sostenitori dell’ex premier Thaksin Shinawatra, in piazza da quasi quattro settimane per chiedere lo scioglimento del Parlamento, si è trattato di un inequivocabile successo di immagine: al terzo giorno sotto lo stato di emergenza, con oltre venti mandati di arresto emessi contro i loro capi, sono riusciti a dimostrare che il governo di Abhisit Vejjajiva non controlla la situazione malgrado l’imposizione dello stato di emergenza. Stando agli annunci delle autorità, nella capitale sarebbero dispiegati oltre 80 mila uomini – 33 mila sono stati aggiunti oggi – tra soldati e poliziotti: il doppio rispetto ai manifestanti. Ma la fedeltà delle forze di sicurezza, che continuano a non farsi vedere intorno alla zona occupata dalle camicie rosse, è ormai apertamente in discussione.

In tarda serata Abhisit, con a fianco il capo di stato maggiore Anupong Paochinda, ha parlato in tv ribadendo l’intenzione l’unità del governo e la volontà di applicare la legge, con l’ennesimo appello ai manifestanti affinché desistano. Ma sono parole che il premier ripete da giorni, mentre la situazione sul campo peggiora. Quattro centri commerciali ai margini della zona occupata dai “rossi” hanno oggi riaperto, seppur con orario ridotto, ma il centro della capitale rimane lontano dalla normalità. Decine di migliaia di persone continuano ad applaudire le arringhe dei leader dal palco. L’umore dei manifestanti è sempre più al bello: e subito dopo il discorso di Abhisit, dalle frequenze della loro emittente tornata in onda, Thaksin li ha ringraziati per l’ennesimo sforzo «nella lotta per la democrazia».

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