Turchia, multe alle tv: “Danneggiano lo sviluppo dei giovani”

di Maria Elena Perrero
Pubblicato il 13 Giugno 2013 - 11:29 OLTRE 6 MESI FA
Turchia, multe alle tv che trasmettono i raduni: "Danneggiano i giovani"

Recep Tayyip Erdogan (Foto Lapresse)

ISTANBUL – Le televisioni che trasmettono le proteste in Turchia “danneggiano lo sviluppo psichico, morale e mentale dei bambini e dei giovani”: con questa motivazione, se motivazione si può chiamare, il premier Recep Tayyip Erdogan ha multato alcune tv nazionali. 

Se poi si va a guardare quali siano le più colpite si scopre che sono la Cem Tv, televisione della confraternita degli aleviti, musulmani di origine sciita che sostengono il secolarismo kemalista, e la Halk Tv, un’emittente legata all’opposizione del Partito Popolare Repubblicano (CHP) di Kemal Kilicdaroglu. La Halk Tv ha trasmesso in diretta 24 ore su 24 servizi da Istanbul.

Non solo: anche due giornalisti della canadese Cbc sono stati fermati e interrogati dalla polizia. Sono stati rilasciati dopo 24 ore. Il bavaglio all’informazione è un metodo usato ad ogni latitudine. E non si tratta solo di casi celebri come quelli sotto esplicita dittatura (si ricorda la Pravda staliniana o l’Istituto Luce di italiana memoria).

Se non si può censurare si sanziona. Dall’Ungheria di Victor Orban al Kuwait dell’emiro Sabah al Sabah, giornali e tv sono uno dei bersagli privilegiati di chi detiene il potere politico.

Il Datagate di questi giorni è l’esempio lampante di quel che può fare la libertà di stampa. Lo scoop di due giornali come il Guardian e il Washington Post ha fatto vacillare l’amministrazione Obama. Certo, quella anglosassone  è stampa d’eccellenza. Ma gli esempi, magari minori, nel resto del mondo non mancano. Come la russa Novaya Gazeta della compianta Anna Politkovskaya. 

Una cosa, però, consola sul caso turco: finché si parla delle multe e dei bavagli vuol dire che una libertà di stampa di fondo c’è. Il vero timore dev’essere quando, come in Cina, non se ne parla più. Perdere il ricordo della libertà vuol dire perdere anche la speranza di poterla recuperare.