ANKARA – Un’altra azione folle e un altro bagno di sangue. La Turchia continua a essere sotto assedio. Nel pomeriggio di mercoledì 1 aprile, infatti, due persone armate (uno dei due era una donna) hanno tentato un’irruzione in una sede della polizia a Istanbul. Nel conflitto a fuoco che ne è seguito la donna è stata uccisa, mentre l’altro assalitore e due agenti sono rimasti feriti. Secondo le prime informazioni la donna sarebbe una kamikaze e al momento dell’irruzione avrebbe indossato una cintura esplosiva. Ma si tratta solo dell’ultimo episodio, in ordine di tempo, di un Paese sotto attacco.
In mattinata, infatti, un uomo armato aveva fatto irruzione nella sede del partito del presidente Recep Tayyip Erdogan, l’Akp (Partito per la Giustizia e dello Sviluppo), nel quartiere di Kartal, a Istanbul. L’uomo ha fatto uscire tutte le persone nell’edificio ed è salito all’ultimo piano, ha rotto le finestre ed esposto una bandiera turca con il simbolo della Mezzaluna ma anche una spada sotto, che potrebbe avere una connotazione religiosa. L’uomo ha anche cercato di improvvisare un discorso ma è stato interrotto dai reparti speciali turchi che sono entrati nell’edificio e lo hanno arrestato.
Ieri, invece, c’era stato il sequestro, finito nel sangue, del magistrato Mehmet Selim Kiraz avvenuto martedì 31 marzo nel tribunale della città turca. Proprio per quell’episodio mercoledì mattina la polizia turca ha arrestato ad Antalya, sulla costa, 22 persone sospettate di essere vicine al Dhkp-C (Partito-Fronte Rivoluzionario per la Liberazione del Popolo), il gruppo di estrema sinistra che ha organizzato il sequestro di martedì. In passato lo stesso Dhkp-C ha preso di mira il quartier generale dell’Akp anche con bombe.