Usa, sciopero dell’hamburger: fast-food chiusi in 50 città

Usa, fast-food chiusi in 50 città: primo sciopero unitario per lo stipendioWASHINGTON – Sciopero dell’hamburger negli Stati Uniti: in oltre cinquanta città del Paese fast food chiusi per tutto il giorno. Da New York a Chicago, da Seattle a Detroit i lavoratori delle grandi catene di ristorazione a basso prezzo incrociano le braccia dando vita allo sciopero più grande nella storia del mercato dell’hamburger.

L’obbiettivo della loro mobilitazione, alla vigilia della festa del Lavoro di lunedì, è l’aumento del salario minimo a 15 dollari l’ora e il diritto a creare un’organizzazione sindacale autonoma.

Per mesi ci sono stati scioperi locali. Il primo è stato ad aprile, a New York e Chicago, organizzato dall’associazione ‘Fast-food forward’. Ma il 29 agosto è la giornata della svolta: è la prima volta che una protesta di queste dimensioni si espande al livello nazionale, coinvolgendo anche i lavoratori nel profondo sud, dove tradizionalmente i sindacati sono molto deboli.

In alcune realtà come Memphis, in Tennessee, Raleigh, in North Carolina e Tampa, Florida, è la prima volta che i ‘fast-food workers’, i ragazzi che passano ore a friggere patatine, si fermano per migliorare le loro condizioni di lavoro.

Al momento, la paga media della stragrande di loro è 9 dollari l’ora, che vuol dire circa 18.500 dollari l’anno. Un salario da fame, circa 4.500 dollari in meno dei 23.000 dollari, che secondo il Census Bureau, una sorta di Istat americana, rappresenta il livello minimo di sopravvivenza sopra la soglia di povertà per una famiglia di quattro persone.

Ma c’è chi guadagna anche meno: la Cnn racconta la storia di Latoya James, una ragazza madre di 24 anni che lavora a un McDonald’s di Memphis. Guadagna circa 7,45 dollari l’ora. Ha due bambini, ed è costretta a lavorare anche la notte per pagare l’assistenza medica alla sua famiglia. Così tocca a sua madre badare ai figli durante la notte. Anche lei partecipa allo sciopero per avere uno stipendio più dignitoso. A unirsi alla protesta i lavoratori di McDonald’s, Kfc, Wendy, Burger King e altre tra le maggiori catene di ristorazione ‘Made in Usa’.

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