Yemen: si combatte a Sanaa, 40 morti

SANAA – Precipita in una spirale di sangue la capitale dello Yemen, Sanaa, tornata teatro di furiosi combattimenti fra le milizie tribali unitesi agli oppositori e le forze fedeli al presidente Ali Abdallah Saleh: il bilancio della giornata è di almeno 40 morti, mentre la città è scossa da ieri da esplosioni e dal fragore di armi pesanti, mentre le gente comincia a fuggire.

Mentre nel sud dilaga Al Qaida, che nel fine settimana ha preso il controllo della città di Zinjibar, gli scontri armati nella capitale sono ripresi ieri, dopo alcuni giorni di tregua, attorno alla residenza dello sheikh Sadeq al-Ahmar, il capo della potente confederazione tribale Hashed, che dal 23 maggio ha di fatto dichiarato guerra a Saleh, annunciando di volersi unire al movimento di contestazione popolare per la democrazia, che in realtà ha eclissato, confinandolo ad un sit-in di piazza.

Tutta la notte si è combattuto nel quartiere settentrionale di al-Hassaba e oggi le forze tribali si sono avvicinate al palazzo presidenziale, dove hanno preso il controllo di un immobile: hanno occupato – dice il sito del ministero della difesa yemenita – la sede del Congresso generale del Popolo, il partito del rais. Allo stesso tempo i militari della quarta brigata dell'esercito, schierati vicino alla sede della radio-tv, sono stati martellati da quelli che sembrano colpi di mortaio o razzi, come lo e' stata anche la sede del ministero degli interni, colpita a piu' riprese da proiettili anticarro. Faticano nel frattempo ad arrivare i rinforzi della Guardia repubblicana, i fedelissimi di Saleh, bloccati e impelagati in combattimenti nel quartiere di al-Hassaba. Sul terreno sono rimasti, finora, almeno 40 morti. La popolazione intanto comincia a fuggire da Sanaa. ''Io vado a rifugiarmi nel mio villaggio, più a sud.

Il presidente e il clan di al-Ahmar hanno distrutto questo Paese'', dice una donna velata di nero che porta i suoi cinque figli via da Sanaa con un sacco da spazzatura pieno di indumenti. In citta' i negozi sono quasi tutti chiusi mentre crescono le file alle pompe di benzina, il cui prezzo al mercato nero e' piu' che triplicato. Gia' ieri l'Italia ha chiuso la sua ambasciata a Sanaa. Evacuato anche il personale diplomatico del Kuwait, mentre ha sospeso le sue attivita' nello Yemen anche il Qatar, entrambi Paesi membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo, che nelle ultime settimane hanno tentato per tre volte di convincere Saleh – ininterrottamente al potere da 33 anni – a firmare un accordo con l'opposizione per una transizione pacifica del potere: accordo che il rais yemenita ha promesso di firmare, tirandosi indietro all'ultimo minuto. Ora Saleh si trova a combattere su piu' fronti: contro il movimento secessionista nel sud, contro una ribellione secessionista sciita nel nord, contro il dilagare di Al Qaida nel centro e nel sud, dove ha occupato militarmente la citta' di Zinjibar, contro la ribellione popolare repressa nel sangue e, ultima in ordine di tempo, contro la potente confederazione tribale, le cui milizie sono ben armate e dotate di mezzi. Mentre il Paese affonda nella povertà, con il 40% della popolazione che vive con meno di 2 dollari al giorno.

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