C’è un limite al tempo necessario per conseguire il titolo di studio. Oltre quel limite, secondo una sentenza della Corte di Cassazione di Bari, lo studente fuoricorso deve mantenersi da solo: i genitori non sono obbligati a sostenerlo nelle sue necessità economiche.
Insomma, si trovi un lavoro! È quanto hanno stabilito i giudici interpellati da un uomo di trent’anni e da sua madre: la loro richiesta è stata rigettata. Mamma e figlio accusavano l’ex marito e padre di essere venuto meno agli impegni finanziari sottoscritti in sede di divorzio. Se il figlio non si laureava, era colpa sua, visto che il padre aveva smesso unilateralmente di pagare.
Fino al 2017 il padre si era accollato le spese universitarie del figlio, che si era iscritto al corso di laurea triennale in Giurisprudenza nel 2009, più un mensile di 600 euro. Il figlio, però, non studiava o studiava con poco profitto, fino a diventare uno studente fuoricorso cronico.
I giudici hanno ritenuto la condotta universitaria del figlio ricorrente viziata da “inerzia colpevole”. “Aveva smesso di applicarsi e di presentarsi agli esami, praticamente abbandonando il percorso universitario da tempo. Considerando l’età avanzata dello studente e i molti anni trascorsi dall’iscrizione, la Cassazione – come i giudici di secondo grado – ha considerato che il mancato completamento degli studi fosse attribuibile a una condizione di ‘inerzia colpevole’.”
Si trovi un lavoro, dunque. A trent’anni “non c’è nessun impedimento o ostacolo personale al raggiungimento dell’autosufficienza economico-reddituale – scrivono i giudici –, in una fase di vita da qualificarsi pienamente adulta sotto il profilo anagrafico”.