I 32 migranti rimasti 4 giorni senza acqua e cibo su una piattaforma al largo della Tunisia sono stati soccorsi dalla Ong Sea Watch (nella foto Ansa la piattaforma) - Blitz Quotidiano
Un gruppo formato da 32 migranti, partito dalla Libia con un gommone, nei giorni scorsi è naufragato al largo delle coste tunisine, trovando riparo a bordo della piattaforma petrolifera Miskar di proprietà della multinazionale inglese British Gas. Il gruppo di migranti è stato soccorso solo oggi, martedì 4 marzo, dopo che la Ong tedesca Sea Watch ha deciso di inviare sul posto la nave Aurora, partita stamattina da Lampedusa.
La piattaforma si trova in acque internazionali a sud-est dell’arcipelago di Kerkennah. Qui, i migranti sono rimasti per quattro giorni senza acqua né cibo. Tra loro ci sono anche donne e bambini, e una persona è deceduta.
A rilanciare l’allarme per i migranti era stata la Ong Mediterranea Saving Humans che ha monitorato per due giorni la situazione con l’aereo Seabird. La Ong aveva ripetutamente chiesto un intervento europeo immediato, spiegando che “i naufraghi si erano subito messi in contatto con Alarm Phone, che ha informato costantemente le autorità italiane e maltesi della situazione”.
“Non hanno acqua né cibo, sono esposti alla burrasca”, aveva aggiunto Mediterranea. La piattaforma si trova in zona Sar tunisina, a poche decine di miglia dall’area di competenza maltese. “I militari tunisini hanno mancato di portare assistenza ai naufraghi e in ogni caso queste persone non devono essere deportate verso la Tunisia, che non è un Paese sicuro”, aveva sottolineato ancora Mediterranea.
Ora i naufraghi che sono quasi tutti di nazionalità eritrea sono stati soccorsi e si attende l’indicazione di un porto sicuro. Le persone soccorse hanno riferito che viaggiavano a bordo di un gommone quando, viste le precarie condizioni del mezzo, hanno trovato riparo sulla piattaforma petrolifera.
“Nessuna delle autorità contattate si è assunta la responsabilità giuridica e umanitaria di un soccorso obbligatorio. Anche questa volta – ha spiegato la portavoce di Sea Watch, Giorgia Linardi – ci siamo assunti noi la responsabilità di colmare un gravissimo vuoto istituzionale dettato da politiche disumane e profondamente razziste. Il nostro ruolo come società civile è esserci laddove le istituzioni preferiscono girarsi dall’altra parte, in un Mediterraneo dove l’omissione di soccorso è ormai prassi impunita mentre l’obbligo di soccorrere chiunque si trovi in pericolo è regolarmente criminalizzato”.
Non è la prima volta che sulla piattaforma Miskar approdano migranti in difficoltà: tre anni fa, il 4 gennaio 2022, in 70 trovarono rifugio nella struttura a circa 80 miglia dalle coste tunisine.