A Mosca brindano: missione compiuta. uno dei pochi competenti del circo lascia, un ambasciatore stimato e atlantista convinto.
Il tweet di Tonia Mastrobuoni è fragoroso. Mastrobuoni è fra i migliori giornalisti italiani, corrispondente da Berlino di Repubblica. Però, a quanto appare, ha affidato a X e non al suo giornale la sua opinione.
I fatti sono noti. Giorgia Meloni è caduta come una pera matura nella rete dello scherzo telefonico del Kgb, come capro espiatorio è stato individuato nel consigliere diplomatico Francesco Talò che si è dimesso quando è scoppiato lo scandalo.
Su Repubblica, Carlo Bonini non ha mezzi termini: “L’Italia scopre insomma che è in mano a una dilettante che, per giunta, di fronte alla catastrofe che la “burla” russa svela non trova nulla di meglio da fare che un comunicato in cui, di fatto, esprimendo “rammarico” per l’accaduto, carica la croce sulle spalle dell’ambasciatore di lungo corso Francesco Talò, diplomatico di area, a un passo dalla pensione e dunque con un piede e mezzo fuori da Palazzo Chigi”.
Fra gli addetti ai lavori circola però un’altra versione, che lo stesso Bonini adombra quando scrive di “ineffabile cerchio magico” di Meloni.
Fanno eco al post di Tonia Mastrobuoni alcune reazioni feroci.
“La vicenda non è stata gestita bene, c’è stata superficialità”. Meloni solo “afine telefonata col finto presidente africano ha avuto un dubbio e ha chiesto un chiarimento”.
Altro commento: “Quindi il dubbio sorge subito ma il licenziamento arriva quaranta giorni dopo, post video. Le cose sono due: o per accertare la veridicità di una telefonata ci vuole quasi un mese e mezzo o siamo un Paese appeso a fuorionda e telefonate rubate. In entrambi i casi facciamo ridere”.
Luca Dellanna aggiunge.
“Ecco: questo è il motivo per cui servono i giornalisti. Senza tempesta mediatica non ci sarebbero state le dimissioni (come evidenziate che sono successe oggi, e non un mese e mezzo fa quando “era sorto il dubbio”) Servirebbe che i giornalisti ponessero la stessa attenzione alle altre tantissime cavolate che dimostrano che abbiamo al potere o come staff del potere un branco di incapaci.