La Commissione Europea ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per non aver risolto il problema dell’abuso di contratti a tempo determinato e le condizioni di lavoro discriminatorie. Secondo Bruxelles, l’Italia non ha adottato norme adeguate per prevenire la discriminazione sui luoghi di lavoro e per limitare l’abuso della successione di contratti a tempo determinato, violando il diritto europeo.
Uno dei principali punti sollevati dalla Commissione riguarda la discriminazione nei confronti dei docenti a tempo determinato nelle scuole pubbliche italiane. La legislazione attuale non garantisce agli insegnanti precari una progressione salariale basata sui periodi di servizio precedenti, un diritto invece riconosciuto ai docenti a tempo indeterminato. Questo comportamento è considerato discriminatorio e viola le norme europee che tutelano i diritti dei lavoratori a tempo determinato.
Oltre alla situazione dei docenti, la Commissione Europea ha evidenziato l’abuso di contratti a tempo determinato anche nel caso del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) delle scuole pubbliche. Nonostante l’Unione Europea richieda misure efficaci per evitare l’uso eccessivo di contratti a tempo determinato, l’Italia non ha adottato provvedimenti sufficienti per risolvere la questione. Gli sforzi delle autorità italiane sono stati definiti «insufficienti» dalla Commissione.
La procedura di infrazione contro l’Italia è iniziata nel luglio 2019, con l’invio di una lettera di costituzione in mora. Successivamente, la Commissione ha inviato una seconda lettera nel dicembre 2020, seguita da un parere motivato nell’aprile 2023. La decisione di deferire il caso alla Corte di Giustizia è stata presa a seguito del mancato adeguamento dell’Italia alle richieste della Commissione. Nonostante le risposte fornite dal Governo italiano, la situazione non è stata risolta in modo sufficiente.
In Italia, il problema dei contratti a tempo determinato coinvolge un numero significativo di lavoratori, soprattutto nel settore dell’istruzione. Su un totale di 943.000 docenti, ben 243.000 sono assunti con contratti precari. Mentre i sindacati stimano questo numero a 250.000, il Ministro dell’Istruzione ridimensiona la cifra a 165.000. Tuttavia, il fenomeno del precariato resta un problema grave, con insegnanti che rimangono precari fino a 45 anni e una percentuale elevata di docenti con più di 50 anni, ben oltre la media OCSE.
A partire da quest’anno, il sistema delle “MAD” (messe a disposizione) è stato sostituito dal sistema “Interpello”, introdotto dall’ordinanza 88 di maggio. Questo nuovo sistema permette alle scuole di pubblicare online gli annunci per coprire le supplenze, permettendo a insegnanti abilitati, neo-laureati e persino studenti di candidarsi. Nonostante questo tentativo di migliorare il sistema, permangono problemi legati al ritardo nei pagamenti degli stipendi per i supplenti, un problema denunciato sia dai sindacati che dai docenti stessi.
La gestione della scuola e del precariato in Italia è stata duramente criticata. Il senatore del PD Marco Meloni ha sottolineato che, nonostante i ritardi nei pagamenti, il Governo sembra considerare il semplice pagamento degli stipendi dei precari un successo. Meloni ha inoltre denunciato la mancanza di investimenti nel settore dell’istruzione e il fatto che l’Italia continua a essere tra i Paesi con i docenti meno pagati d’Europa. L’aumento del precariato e la carenza di interventi strutturali sono solo alcuni dei problemi che affliggono il sistema scolastico italiano.
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