Polveriera Libano. Cyber attacchi a raffica: dopo l’esplosione di migliaia cercapersone (martedi) è stato il turnover dei walkie-talkie, radio, pannelli solari. Tre giorni di caos e vittime. Nuova strage di Hezbollah. Decine di morti, centinaia di feriti tra Beirut e Damasco. Operazione targata Mossad. Sabotato il sistema di comunicazione dei miliziani. Washington non ne sapeva niente. Pare. L’ennesimo schiaffo di Netanyau a Biden. La Cnn ha scoperto invece che la Casa Bianca era stata informata ma senza scendere nei dettagli. Operazione filmica, inedita, sorprendente. Ora si teme una escalation del conflitto. lsraele ha spostato le truppe al Nord, tutta la divisione 98. Convocato d’urgenza per venerdì (ore 21 in Italia) il Consiglio di sicurezza dell’Onu. Tira aria che Netanyau darà il disco verde per l’ingresso terrestre in Libano ma deve mettere in conto la reazione degli Stati Uniti che da giorni fanno opera di dissuasione.
Dopo 11 mesi di fuoco incrociato si va dunque verso una guerra totale? Marco Mancini, già capo del nostro controspionaggio, non lo esclude. Israele, dice, ha usato una sofisticata azione di intelligence e ha sfruttato la tecnologia cyber. E aggiunge: ”Il Mossad ha utilizzato la Humit, la human intelligence, cioè la raccolta di informazioni sul campo e l’azione di agenti infiltrati”. Sottinteso: Israele sta preparando qualcosa di grosso. Molto presto.
Nessun dubbio: stavolta il partito islamico sciita (formatosi agli inizi degli anni Ottanta e sostenuto da Iran e Siria) ha subito un’onta, una atroce offesa, che avrà inevitabili conseguenze, nel bene e nel male. È crollato il mito della invulnerabilità della sua comunicazione, ha messo la popolazione nel panico, ha intasato gli ospedali. Non si era mai più visto il partito e la sua gente precipitare in uno sgomento collettivo che ha generato angoscia, paura, smarrimento. Per trovare una situazione del genere bisogna risalire alla devastante esplosione al porto di Beirut (4 agosto 2020). Anche allora si registrarono scene di panico, un flusso continuo di ambulanze a sirene spiegate, ospedali in tilt, centri medici presi d’assalto nel Sud come nella Valle della Beqaa , la fertile vallata a 30 km da Beirut.
Lo sceicco Hassan Nasrallah, 64 anni, religioso e politico libanese, leader degli Hezbollah dal 1992, sposato, cinque figli (uno è stato ucciso durante un conflitto a fuoco con le forze armate israeliane) non solo deve arginare la furia dell’Iran (“vi siete lasciati giocare”) ma vuole capire come sia stato possibile manomettere i dispositivi, e soprattutto dove. Indagine impossibile. Poche le certezze. I dispositivi nascono alla Bac di Budapest che produce però solo i beeper e funge da intermediario; il primo tassello lo ha messo a punto una società di Taiwan; poi i dispositivi “sono stati perfezionati in Iran” (Mancini dixit) e qui gli 007 israeliani, infiltrati nella catena di produzione, hanno a loro volta “arricchito” i congegni. Ulteriori dettagli non si sapranno mai. Gli 007 di Tel Aviv sapevano che tutta la logistica utilizzata da Hezbollah passa da Teheran e probabilmente hanno sfruttato il malcontento che serpeggia nella società iraniana. Ed hanno centrato il messaggio che sta alla base della cyber-operazione, cioè: visto? Possiamo colpire ovunque.
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