Una 19enne, nata in Kenya e residente in provincia di Milano, è stata fermata con l’accusa di “arruolamento con finalità di terrorismo internazionale”. Cinque giorni fa, il 30 novembre, si stava infatti per imbarcare dall’aeroporto di Orio al Serio (Bergamo) con destinazione Turchia, per poi raggiungere la Siria e combattere per l’Isis, dopo un presunto “processo di radicalizzazione”.
Sui social pubblicava “le emoticon dell’iconica bandiera nera” dell’Isis e scriveva frasi come: “Jihad (…) significa più che altro ‘lotta contro i nemici’ (…) Non vuoi meritare il livello più alto in Paradiso?”. A chi le diceva che la guerra santa “è solo per gli uomini”, citava “l’esempio di ‘Aisha’, seconda sposa di Maometto”, faceva riferimenti al “suicidio a scopo terroristico” e si definiva una “supporter dell’Isis”.
Il suo nome è Hafsa Bakari Mohamed. Sui social mostrava, come riportato, una pistola giocattolo, poi sequestrata, e in una storia su Instagram si sarebbe fatta riprendere mentre sparava “con un fucile ad aria compressa”.
Le indagini hanno evidenziato i suoi contatti con un utente in Turchia, tale Yusif. Già il 28 novembre si era recata a Malpensa per chiedere informazioni su un biglietto per la Turchia, vestita con il niqab, che lascia scoperti solo gli occhi, e portando uno “zainetto” nascosto sotto la giacca.
Alla madre, che al telefono le chiedeva dove si trovasse, aveva risposto: “Mi dicevi che non sono tua figlia perché metto il velo?”. Il 29 novembre è riuscita a comprare un biglietto “di sola andata” con partenza il giorno seguente e destinazione finale Ankara, con scalo a Istanbul.
Interrogata dal gip ieri, la ragazza ha raccontato di voler andare in Turchia per sposarsi con un 23enne conosciuto sui social. Ha ammesso di avere “idee conservatrici circa la religione islamica”, spiegando di essere rimasta “scossa nel vedere immagini di uomini e donne di fede musulmana torturati e bruciati” nei luoghi di guerra e persecuzione.
Ha aggiunto che in Italia non le è “possibile lavorare indossando il niqab” e che anche per questo voleva “fuggire”. Tuttavia, ha negato di voler andare in Siria per combattere, sostenendo di voler solo “ammirare uomini e donne che lottano per salvaguardare il proprio credo in nome dell’Islam”. Ha comunque riconosciuto di condividere alcune idee dell’Isis sulla “reazione armata”.
L’indagine, condotta dalla Digos di Milano (Sezione Antiterrorismo Internazionale) e dalla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione (Servizio per il Contrasto dell’Estremismo e del Terrorismo Esterno), è iniziata a ottobre grazie al “costante monitoraggio degli ambienti jihadisti radicali online”.