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Aviaria, virus nel latte non pastorizzato contamina bambino in California. Cosa sappiamo e che rischi si corrono

Il virus dell’influenza aviaria è stato scoperto in un lotto di latte non pastorizzato prodotto dalla famosa azienda californiana Raw Farm. Un bambino ha contratto il virus, manifestando sintomi lievi. Si tratta del primo caso pediatrico di influenza aviaria. Il piccolo è stato trattato con antivirali antinfluenzali e, nei giorni successivi, è risultato negativo al virus. Ora è in fase di recupero.

Il California Department of Public Health (CDPH), dopo il caso di contaminazione umana, ha ordinato il ritiro dal commercio dei prodotti contaminati “per abbondanza di cautela” e ha esortato il pubblico a non consumare latte non pastorizzato, poiché può essere veicolo di infezioni causate da vari germi e batteri.

Delle mucche
Aviaria, virus nel latte non pastorizzato contamina bambino in California. Cosa sappiamo e che rischi si corrono (foto Ansa) – Blitz Quotidiano

Il consumo di latte non pastorizzato tra i vip

La California è uno degli stati più colpiti dall’aviaria, diffusasi da mesi negli allevamenti di bovini, con 29 casi tra le persone. Non è stata registrata alcuna infezione da uomo a uomo, ma la preoccupazione cresce, anche perché personaggi famosi come l’attrice Gwyneth Paltrow consumano regolarmente latticini non pastorizzati provenienti dalla Raw Farm. Anche Robert F. Kennedy, futuro ministro della Sanità Usa, ha più volte sostenuto i benefici del latte non pastorizzato. La pastorizzazione, tuttavia, è fondamentale per inattivare virus e batteri.

Il virus dell’aviaria

Ad oggi, in Italia non sono stati segnalati casi di infezione H5N1 nei bovini, quindi non c’è motivo di allarme sul consumo di latte. Tuttavia, in caso di influenza con il virus H5N1, le autorità sanitarie avvertono di evitare di toccarsi occhi, naso e bocca dopo aver maneggiato latte contaminato, in quanto il virus è particolarmente infettivo.

Il virologo Massimo Andreoni spiega che “il salto del virus dagli uccelli ai mammiferi, il famoso ‘spillover’, comporta un adattamento del virus, il che genera preoccupazione. La scoperta di tracce del virus nel latte dei vitelli, sebbene pochi casi, solleva un tema che deve essere verificato, studiato e compreso per valutare i reali rischi per l’uomo. Sebbene l’attenzione debba rimanere alta, non c’è pericolo imminente per l’Italia, dove il sistema di controlli veterinari e la rete di istituti zooprofilattici sono efficaci.”

 

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