
Blitz degli attivisti da Cracco. Rispettiamo la polemica sul giusto prezzo, ma la beneficenza non si obbliga (FOTO ANSA) - Blitz Quotidiano
“Qui un pasto costa come il mio affitto”. Questa la denuncia dei membri di Ultima Generazione durante il loro sit-in di protesta nel ristorante dello chef Carlo Cracco in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano. Una contestazione tutto sommato tranquilla quella sul “giusto prezzo”, se paragonata al blitz del 2023 a Fontana di Trevi, durante il quale degli attivisti del movimento di resistenza climatica non violenta avevano versato una soluzione a base di carbone vegetale nelle acque più ambite dai turisti ubriachi, che per nostra disgrazia sovente si ergono a modesti epigoni di Anita Ekberg.
Il ristorante di Cracco è stato scelto in quanto simbolo di privilegio, un luogo aperto a chi “ha ancora il privilegio di scegliere” se spendere o meno cifre elevate per “un risotto d’autore”. Una forma di protesta che oggi suona assurda a molti (c’è chi commenta sotto il video del sit in di UG: “Siete seri?”), ma a malapena avrebbe stupito i nostri genitori negli anni delle contestazioni studentesche novecentesche. La lotta di classe non dovrebbe mai essere derisa con disprezzo, né strumentalizzata, semmai ascoltata.
Chi vive a Milano avverte sempre di più il vulnus tra povertà e ricchezza molto più che a Roma. Il punto è che il problema delle disuguaglianze sociali non può essere scaricato su Cracco, al quale vengono chiesti pasti gratuiti a scadenza settimanale per i bisognosi. Inoltre, non si può obbligare in modo così plateale qualcuno a fare beneficenza, perché verrebbe meno il senso stesso del gesto. Il problema resta irrisolto e non sappiamo quali saranno le conseguenze prossime di questo divario a breve termine. Però chi lavora nel fine dining (già alle prese con polemiche identitarie/strutturali relative alla presunta crisi del settore) non può essere il capro espiatorio di una crisi ben più ampia.