A Carlantino, in provincia di Foggia, un’intera famiglia, madre e quattro figli, sono stati messi sotto le tutele del “codice rosso” per le minacce ripetute del padre il Comune ora rischia di non avere più fondi.
La spesa, infatti, che ammonta ad oltre 11mila euro al mese, è già diventata un debito di 200mila euro. A raccontarlo è lo stesso sindaco di Carlantino, Graziano Coscia, in una denuncia che ha rivolto un appello al presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ai ministri della Famiglia e della Giustizia, al presidente della Regione e al prefetto, annunciando che “se nelle prossime settimane non riceverò risposte dagli enti preposti valuterò seriamente le dimissioni e il mio Comune dovrà chiudere per assoluta mancanza di fondi”. La vicenda, spiega ancora il primo cittadino, è legata all’applicazione della legge del codice rosso alla famiglia.
“Più di un anno fa – racconta il sindaco Coscia, – una donna di Carlantino con i suoi quattro figli veniva condotta presso una casa-rifugio in un’altra città, a seguito della denuncia fatta per le minacce telefoniche ricevute dal coniuge. Quella denuncia ha attivato procedure e azioni previste dal codice rosso”.
“Nonostante una proposta di percorso alternativo, attuabile tramite un contributo per fittare una casa e con prospettive lavorative – sottolinea – le autorità preposte hanno comunque pensato di applicare rigidamente quella che è l’attuale norma del codice rosso. Il problema è che la spesa dell’alloggio presso la casa-rifugio è a totale carico del comune di Carlantino. Il costo è pari 375 euro al giorno, ben 11.250 euro al mese. Ad oggi, l’ente carlantinese è debitore di quasi 200.000 euro nei confronti della casa rifugio”.
“Una cifra enorme e spropositata – aggiunge Coscia – per un Comune che si trova in una situazione finanziaria alquanto precaria, oltre a essere entrato in un piano di riequilibrio finanziario stabilito dalla Corte dei conti”.
Il primo cittadino sottolinea anche che “l’interesse è quello di proteggere i cittadini del mio paese. Ma non è possibile legiferare in tal senso senza prevedere un fondo dal quale gli enti comunali possano attingere risorse per far fronte a tali situazioni di emergenza. Lo Stato non può fare leggi e poi chiedere ai Comuni di sostenerle economicamente”.
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