La giornalista italiana Cecilia Sala potrebbe essere stata arrestata in Iran come ritorsione per il fermo di un cittadino iraniano avvenuto in Italia. Tre giorni prima che venisse trasferita dall’albergo di Teheran in cui si trovava all’isolamento nel carcere degli oppositori al regime di Evin, all’aeroporto di Malpensa è stato infatti fermato un tecnico 38enne che si trovava a Milano solo di passaggio. Si tratta di un cittadino svizzero-iraniano arrivato da Istanbul e su cui pende un mandato di cattura emesso dagli Stati Uniti.
Mohammed Abedini Najafabadi, questo il suo nome, è accusato di aver fornito ai pasdaran iraniani tecnologia per la fabbricazione di droni, gli stessi che lo scorso gennaio avrebbero ucciso tre militari americani e ferito altre 38 persone in Giordania.
Abedini è stato fermato in aeroporto dalla Digos lo scorso 16 dicembre. Con sé aveva documenti e componentistica elettronica per i droni. Il suo fermo è stato poi convalidato dalla Corte d’Appello e l’uomo è stato trasferito nel carcere di Opera a Milano. L’uomo, dopo il fermo, ha detto di rifiutare l’estradizione negli Stati Uniti dove, viste le accuse pesanti nei suoi confronti, rischia l’ergastolo.
Che ci sia un collegamento con Cecilia Sala, a cui attualmente non è stata contestata alcuna accusa formale, è da dimostrare. Dopo l’arresto del 38enne, però, in Italia c’era chi temeva delle possibili ritorsioni.
Abedini respinge tutte le accuse
Mohammad Abedini Najafabadi ha intanto parlato attraverso il suo avocato Alfredo De Francesco. Il legale ha dichiarato: “Dall’analisi dei documenti in mio possesso pur essendo formalmente gravi le accuse mosse, in realtà la posizione del mio assistito risulta molto meno grave di quanto può sembrare. Lui respinge le accuse e non riesce a capire i motivi dell’arresto”.