Genova, proprio mentre sta per fare un grande salto verso una nuova dimensione di città d’arte e di grande cultura, affronta una complessiva ed epocale rivoluzione.
In assenza di un assessore alla Cultura, per decisione del potente sindaco Marco Bucci, che si è tenuto le relative deleghe, “il potere” culturale è praticamente affidato a un gruppo di esperti, consulenti e advisor, riuniti in un “tavolo” dove spicca quella che potremmo definire una vera “zarina” genovese.
È Anna Orlando, affermata e influente storica dell’arte, con ricco curriculum , nipote di Angelo Costa, il leader della celebre famiglia, per decenni uno degli uomini della ricostruzione italiana. Figlia, la Orlando, di Peppino Orlando, storico leader del dissenso cattolico anti Giuseppe Siri negli anni Sessanta- Settanta.
Per volere di Bucci e con la influente sponsorizzazione di Davide Viziano, imprenditore delle costruzioni, Orlando si trova a ricoprire diversi ruoli cruciali nella distribuzione del potere “culturale”.
Il sindaco l’aveva già nominata advisor, che significa un incarico di superconsulenza in concomitanza con l’uscita di scena, abbastanza clamorosa, di Piero Boccardo, dal 2006 direttore dei Musei di Strada Nuova, ma da trent’anni e oltre figura chiave della cultura a Genova. Storico dell’arte, uno dei grandi discepoli di Ezia Gavazza, la vera “zarina”, storica sovraintendente a Genova, colei che insieme a Giovanna Rotondi Terminiello lanciò non a Genova, ma nel mondo, il grande passato barocco, i “mitici” cinque e seicento della pittura.
Boccardo, una specie di guru genovese, curatore di grandi e celebri mostre a Palazzo Ducale, se ne era andato in aperta e durissima polemica con il Comune, precisando bene, in una lunga e pesantissima intervista all’autorevole “Giornale dell’Arte”, che non si considerava un prepensionato, ma il latore di un messaggio forte di fronte al degrado della gestione culturale genovese.
Il segnale era in direzione del “nuovo corso”, culminato con la gestione di Marco Bucci, che aveva prima nominato Assessore alla Cultura la giovane Elisa Serafini, uscita anche lei di scena con dimissioni eclatanti e poi Barbara Grosso, giudicata dallo stesso Boccardo “senza alcuna preparazione ed elemento culturale significativo e subito in rotta di collisione con gli apparati dell’Assessorato alla Cultura”.
La mossa dell’ex super dirigente era praticamente caduta nel silenzio del fronte culturale genovese, anche se andava a colpire al cuore il settore, soprattutto nel suo significato strategico-etico. Sostituito da un’altra dirigente l’ex super gestore aveva sottolineato come la politica degli advisor stava radendo al suolo il settore, con un’occupazione devastante per i musei genovesi e per i loro conservatori, del tutto subordinati agli eventi che l’Amministrazione e gli advisor di turno pretendevano che si organizzassero.
Nell’atto di accusa si specificava quel che poi è emerso ancora di più: ora a Genova si punta all’effimero degli Eventi, sicuri che il ritorno di immagine sia immediato ed efficace per la classe politica dominante. Non si garantiscono in questo modo nè risorse umane, né finanziarie .
Nella famosa intervista Boccardo aveva spiegato che in questo modo la cultura a Genova diventa “panem et circenses”, ma non si investe negli “umidificatori” indispensabili alla conservazione del patrimonio, che è la fase imprescindibile per la valorizzazione.
Lo scenario, che poi si è lentamente scoperto, è che il Comune appare senza linea e non stima i suoi funzionari.
Il crak di Boccardo si era consumato a ridosso dell’inaugurazione delle grandi mostre del Barocco a Genova e a Roma, protagonista il Sei e il Settecento genovese, che avrebbe dovuto furoreggiare anche alla National Gallery di Washington, se non fosse arrivata la pandemia.
Il clima così polemicamente disegnato da Boccardo nel giugno del 2022, in quella intervista, parrebbe confermato da altri fatti, nei quali Anna Orlando è diventata, forse anche suo malgrado, protagonista.
Già piazzata nel cuore degli eventi per il ruolo a lei affidato nella “Meridiana”, importante centro culturale con mostre da lei allestite (e sempre benedette dall’immancabile Vittorio Sgarbi), con conferenze, dibattiti, presentazione di libri, nel cuore di Genova, sotto la gestione della famiglia Viziano, la storica dell’arte si è via via affermata in una posizione baricentrica.
I Viziano avevano compiuto ancora sotto il regime di sinistra della città una coraggiosa operazione urbanistica nel Palazzo in questione, recuperando e ricostruendo, e si erano trovati, quindi, a gestire quel gioiello.
Orlando, appunto erede di Angelo Costa, nei suoi anni grande collezionista di opere d’arte, è diventata così un po’ il trait d’union tra la nuova amministrazione comunale di Bucci e l’imprenditore Viziano, che corre sui due binari di impegnato operatore urbanistico e di importante soggetto culturale.
Bucci, rieletto massicciamente come sindaco alla fine del 2022, sulle ali del successo per la ricostruzione del ponte Morandi, ha preferito a questo punto non nominare un nuovo assessore alla Cultura, ma affidarsi a un gruppo di esperti, tra i quali la Orlando che ha, appunto, sempre troneggiato, insieme soprattutto a Giacomo Montanari, un altro storico dell’arte di formazione universitaria, allievo di Lauro Magnani, per anni assistente e ricercatore di Storia dell’Arte, erede, lui stesso, di una grande famiglia di letterati e umanisti, pari sul fronte culturale ai Costa imprenditori e collezionisti d’arte.
Ma Boccardo aveva “annusato” bene l’atmosfera che cresceva intorno a questo assetto, dalle radici probabilmente nobili, ma dall’attualità molto più legata al day by day della destra di governo, cittadino e regionale.
Che lanciava più eventi che grandi mostre un po’ in tutta la città e nei suoi templi dalla diversa fortuna: dai red carpet, alla festa della bandiera, alle maratone della focaccia eccetera eccetera.
Il fronte dell’arte contemporanea era già andato a carte quarant’otto per il siluramento, parallelo alle dimissione di Boccardo, di Maria Flora Giubilei, direttrice dei Musei di Nervi, uscita di scena approfittando delle nuove leggi sul pensionamento e aprendo un largo vuoto..
Un discorso a parte merita Palazzo Ducale, il Beaubourg genovese, vera macchina della cultura, alla testa della quale Bucci aveva messo, all’inizio del suo primo mandato, niente meno che Luca Bizzarri, il supercomico genovese, la ex Iena, grande attore di scuola Teatro Stabile, diventato una star televisiva.
Quella scelta, definita “pop”, sembra suggerita da Ilaria Cavo, ex assessore regionale alla Cultura, oggi deputata nella lista di Giovanni Toti “Noi moderati”, aveva suscitato un bel pandemonio nella roccaforte Ducale, che veniva da gestioni chiaramente di sinistra-sinistra, prima Arnaldo Bagnasco, grande autore Tv, l’inventore di Mixer Cultura su Rai2, personaggio “forte” del milieu culturale genovese, poi Luca Borzani, storico, assessore comunale nelle giunte di Beppe Pericu, intellettuale molto schierato e affiancato da un ottimo direttore, Gerolamo “Picchi” Da Passano, un vero manager senza etichette.
A fianco dell’eclettico Bizzarri era stata scelta come direttrice Serena Bertolucci, un’altra star genovese, già direttrice del ministeriale Palazzo Reale e di Palazzo Spinola, dirigente molto vicina all’allora ministro della Cultura, Enrico Franceschini.
Ma l’accoppiata Bizzarri- Bertolucci non ha avuto molto fortuna, a partire dalla falcidia della pandemia e sulla scia dello scandalo dei presunti falsi Modigliani, che aveva colpito la gestione precedente del Ducale.
E così al cambio elettorale successivo alla nuova elezione, Bucci ha cambiato la testa del Ducale, sostituendo Bizzarri con Beppe Costa, della storica famiglia, terminalista in porto, amministratore di Costa Edutainement, la società dell’Acquario genovese, pezzo forte in Confindustria Genova e di molte altre attività di intrattenimento in Italia, ivi compresi gli Uffizi di Firenze, uno dei veri leader della città.
La ex Iena Bizzarri non ha preso bene quel siluro e ancor meno la recentissima decisione di scegliere con un bando il nuovo direttore, di fatto esautorando la Bertolucci, per la quale il comico si è schierato con parole durissime. Arrivando a dire che per il sindaco Bucci (che lo aveva nominato) ”la cultura a Genova è solo focaccia e pesto”,
E così lo scenario che aveva cominciato a rompersi con l’uscita silenziosa di Boccardo, ha continuato con queste tempeste sul “nuovo Ducale”.
Intanto anche il presidente della Regione Giovanni Toti ha continuato a tenere per sè le deleghe regionali alla Cultura, secondo un modello che sta dando alla Liguria e a Genova una nuova impronta, quella che temeva Boccardo e che disegna un nuovo concetto di fruizione culturale, sul filo di una nuova politica nettamente contrapposta a quella precedente.
Questione di personalità e anche di stile e forse anche un po’ di carenza di figure all’altezza, che possano svariare sulla scena culturale.
A Genova la star oggi è Davide Livermore, direttore del Teatro Nazionale, erede di personaggi come Marco Sciaccaluga e Carlo Repetti, avendo come capostipite niente meno che Ivo Chiesa.
Il Sovraintendente del Carlo Felice, teatro dell’Opera, è Claudio Orazi, alla testa di un monumento ricostruito solo nel 1992 e con bilanci finanziari non facili. Poi c’è il teatro della Tosse, che cerca di mantenere l’eredità di colossi come Tonino Conte e Lele Luzzatti.
Poi ci sono le “chicche”, come il museo David Chiossone, nel fantasmagorico parco dell’Acquasola, sogno di ogni giapponese in viaggio in Italia, c’è il tempio della cultura leggera, come il Politeama genovese, ricreato e mantenuto in vita brillantemente dalla famiglia Scerni.
Su questa scena ci sono anche i sogni come quello di Bucci di costruire un “Museo della Repubblica”, per ospitare la storia profonda di Genova, arenato nella Loggia dei Mercanti, gioiello storico nello sprofondo dei Caruggi genovesi, dove tutto si è fermato, perché sotto terra sono spuntate reperti antichissimi che hanno deviato la ricostruzione, affidata inizialmente a un altro degli intellettuali storici della città, Pippo Marcenaro.
Le raffiche della nuova politica culturale sono il lancio a ripetizione dei “Rolli”, gli storici palazzi cinque-seicenteschi nel numero di 90, diventati un’attrazione a ripetizione e affidati, ovviamente, a uno dei preferiti del sindaco, Giacomo Montanari e gli Eventi, che vengono riproposti e che facevano fare a Boccardo quelle riflessioni più che puntute: l’effimero contro la storia da conservare.
Come quello appena rilanciato di “Genova jeans”, una serie di giornate di ottobre nelle quali si celebra Genova che inventò il tessuto dei jeans, indumento universale creato dagli scaricatori del porto genovese.
Chi dirige? Ovviamente Anna Orlando, capace di passare dal barocco, da Rubens dal grande passato genovese al calzone più celebre del mondo, o meglio alla sua tela.
E come dimenticare il Museo del Mare, costruito dal sindaco Beppe Pericu per il 2004 di Genova capitale europea della cultura e di cui è presidente l’ingegnere Nicoletta Viziano, una delle tre figlie dell’imprenditore Davide Viziano? E il Museo Diocesano, ricco di tesori, collegato alla Curia genovese, ma sempre più in linea con tutto l’apparato museale genovese, comunale e statale?
Certo, nella cultura genovese ci sono ben altri capitoli, come quelli scientifici puntati sul Festival della Scienza, appuntamento chiave, che oggi rischia per mancanza di fondi la nuova edizione e sull’IIT, l’Istituto Italiano di Tecnologia, grande insediamento genovese del futuro, dove si sfornano i robot.
Ma questo ultimo arrivato lo volle la Destra di Tremonti e Bossi, a fine anni Novanta e partorì personaggi come Stefano Cingolani, ex ministro della Transizione Ecologica, oggi tornato a Genova alla testa di Leonardo, la grande azienda italiana produttrice anche di Cultura attraverso la Fondazione Ansaldo, una vera miniera di storia imprenditoriale. Ma questa è un’altra storia che merita di essere raccontata.
Oggi si riparte dal bando “sanguinoso” per scegliere il nuovo direttore del Ducale. Ammesso che la Bertolucci non succeda a se stessa, partecipando e vincendo tra i candidati e le candidate. Indicata dai rumors genovesi chi c’è? Ma ovviamente Anna Orlando, la protagonista assoluta di questa stagione culturale genovese. Con una piccola obiezione. A nominarla, in caso di sua eventuale partecipazione e vittoria, ci dovrebbe essere Beppe Costa, presidente del cda, suo cugino. Ma di che stupirsi? A Genova la storia si lega sempre a se stessa. E l’opposizione dormiente della sinistra, rattrappita in Comune e in Regione, finalmente si sveglia sul tema con un comunicato nel quale si accorge che la Cultura a Genova sta cambiando perfino definizione nella gestione del centro destra-destra. E invoca trasparenza, spara sugli advisor e sui consulenti a pioggia.
Perfino l’ex presidente Claudio Burlando, uscito dal suo orto di Cincinnato, in cui è andato a chiudersi, salta su con la sua chat “Vasta” e denuncia il caso del Ducale con la non spiegata defenestrazione della Bertolucci.
Intanto una vera pioggia cade sui social, con centinaia di post che rimpiangono il presidente precedente a Bizzarri, Luca Borzani, gestione sinistra, che di fatto “inventò” il Ducale con manifestazioni importanti come la “Storia in piazza”, la collaborazione di un genio come Donald Sassoon, il grande storico inglese, e una serie di prestigiose serie di conferenze, come quelle di Vito Mancuso. Nostalgia canaglia. Ci si può sempre consolare con il Festival della focaccia o con Genova capitale del libro nel 2023, un altro Evento per il momento indecifrabile, affidato a qualche advisor e al tavolo della Cultura.