A novembre le assunzioni programmate dalle aziende sono 430 mila, in crescita del 12,6% rispetto allo scorso anno, e nei prossimi tre mesi raggiungono quota un milione e 300 mila, ma in quasi un caso su due sarà difficile portarle a termine per la mancanza di profili adatti.
Risultano “pressoché introvabili” gli operai specializzati del tessile e dell’abbigliamento, così come quelli addetti alle rifiniture delle costruzioni, i fonditori, i saldatori, i lattonieri, i calderai, i montatori di carpenteria metallica e i fabbri ferrai.
Confindustria stima in 800 mila i profili mancanti e rivendica di aver assunto, da giugno 2021, un milione e 100 mila persone in più, come sistema economico. Il presidente degli industriali, Carlo Bonomi, in un’audizione al Senato, ha detto di non volere gli incentivi per le assunzioni previsti dalla legge di bilancio. “Non mi interessa la minore Ires se io assumo, perché non abbiamo problemi, in questo momento, di occupazione”, ha dichiarato Bonomi proponendo di destinare le risorse previste per gli sgravi su Industria 5.0 e investimenti.
“Come imprenditore, creare posti lavori e assumere è il mio mestiere. Prendere soldi pubblici per fare il mio mestiere concettualmente non mi piace”, ha aggiunto il presidente di Confindustria. Piuttosto la richiesta è quella di intervenire sulla competitività dei costi del lavoro incentivando i rinnovi contrattuali.
Oltre il 40% dei dipendenti ha il contratto scaduto nel settore privato, secondo gli ultimi dati Istat, relativi a fine settembre, e considerando anche il pubblico impiego si raggiunge il 54% del totale, quasi 6 milioni e mezzo di persone. Proprio i ritardi nei rinnovi contrattuali sono – secondo l’analisi del Cnel per il governo che ha bocciato il salario minimo – una delle cause del lavoro povero in Italia. La proposta di Confindustria è quella di prevedere una defiscalizzazione solo per chi rinnova i contratti e li ha con determinate caratteristiche, invece di parlare di una soglia oraria minima.
A favore del salario minimo in Italia ha fatto intanto sentire forte la sua voce il commissario europeo al Lavoro Nicolas Schmit, in un’intervista a La Stampa. “Ci sono Paesi come l’Austria o la Svezia che non ne hanno bisogno. Ma l’Italia è un caso particolare perché ha un tasso di copertura della contrattazione collettiva, ma al tempo stesso presenta settori interi con stipendi molto bassi. E dunque la questione si pone” ha affermato Schmit spiegando che il calo dei salari reali – maggiore in Italia che nelle altre grandi economie Ocse – vuol dire che il sistema della contrattazione collettiva non ha permesso di adeguarli al costo della vita.
Tornando ai dati del bollettino Excelsior, la maggior parte delle assunzioni prevista riguarda contratti a tempo determinato, che sono il 52,9%. Seguono i contratti stabili con il 21,7%, una quota minoritaria ma comunque in crescita rispetto all’anno scorso (quando era del 20,2%). Un incremento superiore alla media riguarda poi la domanda di lavoratori immigrati che, nei piani delle imprese, copriranno oltre un ingresso su cinque.
Tra i settori, sono particolarmente positive le dinamiche del turismo, con 68mila assunzioni programmate a novembre, il 28,3% in più rispetto allo scorso anno, e del commercio. Anche in generale, i servizi assorbiranno poco meno di 300 mila assunzioni nel mese. Nell’industria gli ambiti in maggiore espansione sono meccatronica e sistema moda. Tengono poi le costruzioni, nonostante la stretta sul superbonus. A livello geografico, oltre 230 mila assunzioni sono al Nord, quasi 90 mila al Centro e 108 mila a Sud.
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