Grazie alla pandemia dovremmo aver conseguito almeno un po’ di familiarità con il concetto di “falso positivo”. Si tratta del risultato di un test eseguito diciamo così alla buona, aggirando la severità di un corretto protocollo.
Allergie alimentari aumentano, molte immaginarie
Cosa c’entra il “falso positivo” con la triste notizia della ragazza di vent’anni allergica al latte che è morta a causa di uno choc anafilattico per aver mangiato un tiramisù vegano contenente in realtà tracce di latticini?
C’entra purtroppo perché circa 6 milioni di italiani (il 12% della popolazione) si dichiarano allergici a qualche cibo, dai latticini al glutine, dai crostacei alla frutta… Un risultato, quei sei milioni, che non ha riscontri scientifici. Ed è la conseguenza del massiccio ricorso ad auto-diagnosi, a test fai da te. Che, 9 volte su dieci, approdano al risultato appunto di “falso positivo”.
Autodiagnosi, 9 volte su 10 “falso positivo”
I numeri ufficiali dell’Istat, cioè al netto dell’esercito di falsi positivi e degli intolleranti alimentari (che scontano diverse criticità ma nulla al confronto del rischio di morire), dicono che gli allergici sono un milione e ottocentomila, dei quali 300 mila allergici al latte e 600 mila al glutine.
Una tendenza, una moda, complice la facilità di condurre analisi fai da te magari davanti allo schermo di un pc. Non che il problema dell’aumento delle allergie non sussista: negli anni ’80 le allergie alimentari affliggevano il 2,9% della popolazione.
Tuttavia, a sentire gli italiani – dicono gli esperti della Fondazione Veronesi – venti milioni sarebbero gli afflitti da qualche allergia al cibo.
Il test orale corretto va fatto in “doppio cieco”
Il rischio, sottolineato da Paolo Russo su La Stampa, è che “così si finisce per perdersi per strada chi un problema ce l’ha realmente, fino al punto da rischiare la vita”.
Anche perché una diagnosi certa di allergia alimentare non è cosa semplice. Chiaro, va fatta in ospedale. E il test orale più affidabile sarebbe quello del cosiddetto “doppio cieco”.
Che significa: il medico somministra diverse capsule ognuna associata a un singolo alimento tra le quali quella con l’alimento” incriminato” senza che né lui né il paziente sappiano riconoscerla.
Ogni test va accompagnato da una fiala di adrenalina a portata di mano. Un’accortezza che i veri allergici dovrebbero sempre rispettare. Solo l’adrenalina è infatti in grado di contrastare gli effetti dello choc anafilattico. Fiala che avrebbe potuto salvare la povera ragazza di Milano uccisa da un tiramisù.