Dopo gli allagamenti di case, attività e campi, nelle aree colpite dall’alluvione in Emilia Romagna il rischio ora si chiama frane. Già ce ne sono tante in atto ma ora si teme che possano aumentare ancora a causa dei terreni carichi di acqua.
“Le frane ci sono già state durante le piogge e continueranno ad esserci perché precipitazioni così violente hanno alterato gli equilibri sui versanti. I tecnici sono al lavoro per valutare”, spiega Andrea Billi dell’Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Cnr. Particolarmente esposte sono le zone pedemontane, poi va valutata la composizione della roccia “se argilla, che è più franosa, o calcare”. “Sicuramente in tempo di guerra, con l’evento catastrofale in corso ce ne saranno più che in tempo di pace, il periodo che si interpone tra eventi successivi”, fa notare Billi.
Questo dell’Emilia Romagna è un evento di una tale “eccezionalità che sono stati superati anche gli interventi realizzati per prevenirlo, con le vasche di laminazione che si sono riempite a loro volta ed hanno tracimato”, dice Luca Brocca, dell’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Cnr, secondo il quale “il sistema di previsione ha funzionato” ma, dice, siamo di fronte, a una situazione “che non ricordo nella storia”.
Cosa succederà ora? “La maggior parte dell’acqua – dice Brocca – si infiltra nel terreno e o va a ricaricare la falda o finisce nei corsi d’acqua. Le frane si innescano perchè il suolo diventa più pesante anche senza che ci sia un evento intenso di pioggia. Quelle superficiali sono ovviamente più veloci di quelle profonde. Ma il rischio di frane si può prevedere”.
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