Non avevano nulla a che fare con il 25 aprile e probabilmente neanche sanno cosa sia la festa della Liberazione né, tantomeno, cosa rappresenti la Brigata ebraica. Vanno in giro vestiti con tute delle squadre di calcio e con i capelli rasati ai lati, bivaccando spesso sotto la loggia dei Mercanti.
Sono tutti nordafricani di seconda generazione, figli di migranti arrivati in Italia per lavorare. Sono stati loro i protagonisti dell’episodio più violento avvenuto ieri in piazza Duomo, a margine della manifestazione a Milano che aveva già visto tensioni tra forze dell’ordine e manifestanti pro Palestina.
Uno con la bandiera palestinese, altri con aste di bandiera e un altro ancora con un coltellino, non avevano partecipato alla manifestazione ma, quando sono usciti da un fast food, si sono trovati davanti lo spezzone del corteo che comprende anche la Brigata ebraica. Si sono infilati nello ‘scudo’ creato dai City Angels a protezione degli ebrei che contribuirono alla Resistenza, hanno danneggiato lo striscione di Sinistra per Israele e sono volati insulti, calci, pugni fino a quando è intervenuta la Polizia che ne ha portati nove in questura.
Otto sono stati solo denunciati, per ora, in quanto non vi è la prova che chi aveva il coltellino l’abbia usato contro il ragazzo rimasto ferito ieri lievemente a un braccio, mentre un egiziano di 21 anni è stato arrestato per aver colpito con un bastone un addetto alla sicurezza della Brigata ebraica, ferendolo.
Sono tutti accusati di istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa mentre l’egiziano è stato arrestato e denunciato anche per il possesso del bastone. “Cercavo di mettere fine a un litigio, a un certo punto uno mi ha picchiato, così ho reagito. Io non ero contro nessuno”, si è difeso davanti al giudice delle direttissime che ha convalidato l’arresto e disposto il divieto di dimora a Milano con il nulla osta per l’espulsione, in quanto irregolare in Italia.
Per il direttore del Museo della Brigata ebraica di Milano, Davide Romano, “l’aggressione da parte di ragazzi arabi con i conseguenti ematomi e tagli riportati da chi manifestava pacificamente con la Brigata ebraica, sono ferite all’intero 25 aprile”. Romano ricorda come in piazza Duomo, durante gli interventi istituzionali, gli attivisti pro Palestina hanno fischiato anche il sindaco di Milano, Giuseppe Sala e i vertici dell’Anpi, oltre alla Brigata ebraica.
“La legittimazione di gruppi ProPal con pulsioni antidemocratiche ha avuto il risultato di riempire piazza Duomo di minoranze di fanatici pro Hamas, pro ayatollah iraniani, pro Putin e pro Erdogan. E nel contempo noi che ci siamo schierati dalla parte della democrazia, noi che volevamo ricordare la Resistenza della Brigata ebraica e degli ucraini in Italia, oltre che portare con noi i dissidenti di oggi iraniani, russi e eritrei, siamo stati aggrediti”.
Le tensioni del 25 aprile hanno avuto strascichi anche a Roma davanti a La7, dove studenti di Cambiare rotta e Osa hanno protestato contro il giornalista David Parenzo che era con la Brigata ebraica ieri a porta San Paolo, dove si è sfiorato lo scontro con i manifestanti pro Palestina. I giovani hanno chiesto al giornalista “di fare dietrofront, di condannare quello che è successo e di prendere le distanze”. Parenzo aveva spiegato che si trovava a Porta San Paolo insieme al rabbino capo e al presidente della comunità ebraica per deporre la corona.
“Signor Parenzo si rimangia quello che ha detto riguardo agli studenti contro la guerra?”, hanno anche chiesto i ragazzi. Immediata la replica del giornalista. “Io rendo conto di quello che dico e non di altro. Ognuno si assume la responsabilità delle proprie parole. – ha detto – Mi hanno messo nel mirino come fossi un criminale”.
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