C’era una volta, all’epoca del giornalismo televisivo e non del talk show dove è invece è sparito e bandito, una bella trasmissione dal titolo “Milano, Italia”. La formula linguistica, il nome della trasmissione stabiliva una sorta di equazione: quel che accade o è accaduto o accadrà a Milano esemplifica, illustra o prefigura quel che accade o accadrà in Italia tutta. Bene, anzi male: quel che è accaduto alla Guardia Medica in terra di Bergamo esemplifica, illustra e per così dire “contiene” quel che è uno dei caratteri cardini dello spirito, dell’anima del paese tutto.
C’era il ponte, la festività del 2 giugno in calendario di venerdì e quindi ci sono stati undici certificati di malattia per quei giorni per altrettanti medici e sanitari. Una sola dottoressa rimasta esente dalla virulenta epidemia si è dunque fatta un turno di 15 ore filate di lavoro. Guardia Medica, Italia. E come la Guardia Medica ogni servizio sociale sia pubblico che privato. Ci sono i “prima io” che sono la maggioranza. E ci sono quelli che stra-stra lavorano, la minoranza. Poi, a stra-stra peggiorare il tutto, ci sono i sindacati che sempre, anche quando piovono certificati medici a sostenere il ponte, profittano per chiedere “risorse”, cioè più gente a stipendio e con licenza di ponte. E ancora, a stra-stra-stra peggiorare il tutto ci sono i politici (e la stampa) che entrambi, ciascuno a suo modo, cercano solo il consenso. Carezzando tutti, letteralmente a qualunque costo. E così alimentando e facendo sempre più corale e redditizio il circuito della lagna, quello per cui il “prima io” qualcosa sempre incassa e mai paga pegno.