Nel 2022 una famiglia media italiana ha visto aumentare del 5,5% la bolletta dell’acqua rispetto al 2021, con una spesa di 487 euro. Gli aumenti sono stati registrati in tutti i capoluoghi di provincia. La fotografia emerge dal 18° Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, che ha preso in esame le tariffe per il servizio idrico integrato applicate in tutti i capoluoghi di provincia italiani nel 2022 in riferimento ad una famiglia tipo composta da 3 persone un consumo annuo di 192 metri cubi.
Nella composizione del costo finale sono comprese le voci relative a: acquedotto, canone di fognatura, canone di depurazione, quota fissa (o ex nolo contatori), componenti di perequazione (UI1, UI2, UI3 e UI4) e Iva al 10%.
L’incremento supera il 20% a Bolzano (+26,3%), Savona (+25,5%) e Trento (+21%); oltre il 10% in altri dodici capoluoghi, ossia Milano, Belluno, Sondrio, Como, Novara, Verbania, Chieti, Pescara, Pavia, Cremona, Catania, Messina.
Frosinone resta in testa alla classifica delle province più care con una spesa media annuale di 883 euro (in aumento del 4,2% rispetto al 2021), mentre Isernia conquista la palma di capoluogo più economico con 174 euro. Toscana la regione più costosa, Molise la più economica, in Trentino Alto Adige l’aumento più consistente.
Le regioni del Centro-Italia si contraddistinguono in media per le tariffe idriche più elevate (664 euro, +5,2% rispetto al 2021). In Toscana la spesa media per famiglia è più elevata (770euro, +5,5%) e tutti i suoi capoluoghi di provincia, ad eccezione di Carrara, rientrano nella top ten delle città più care per l’ acqua.
Il Molise invece è la più economica, con una spesa media a famiglia di 181euro. Il Trentino Alto Adige, che pure si conferma tra le regioni dove l’ acqua costa meno, registra la variazione più cospicua rispetto all’anno precedente, +24,3%. Oltre che tra le regioni, evidenti differenze di spesa continuano ad esistere anche all’interno degli stessi territori.
Ad esempio, nel Lazio, tra Frosinone e Rieti intercorre una differenza di 483 euro. Altri esempi di simile portata si possono riscontrare in Sicilia, Toscana, Lombardia, Liguria e Calabria.
A partire dagli ultimi dati Istat, la dispersione idrica nei capoluoghi di provincia è pari in media al 36,2% e raggiunge il 42,2% come territorio complessivo italiano. In alcune aree del Paese (soprattutto Sud e Isole) si disperde più della metà dei volumi d’ acqua immessi in rete. Se si analizza ulteriormente lo spaccato di alcune realtà, in Basilicata va disperso il 62% della risorsa idrica, mentre la Valle d’Aosta si ferma al 26,9%. Fra i capoluoghi di provincia spicca in negativo il dato di Latina, dove la dispersione idrica assume dimensioni anche superiori al 70%; in positivo Macerata con appena il 9,8%. Aumentano i Comuni con razionamento dell’ acqua. Nel 2021, rispetto all’anno precedente, è aumentato il numero di capoluoghi di provincia (da 11 a 15) in cui sono state adottate misure di razionamento dell’ acqua per uso domestico su tutto o parte del territorio comunale. A Palermo si sono registrati 183 giorni di sospensione del servizio, 182 a Trapani e Agrigento. Su tutto il territorio di Cosenza l’ acqua è stata razionata, con precise fasce orarie, tutti i giorni dell’anno; ad Enna solo in alcuni quartieri.
Gli italiani sono quelli che in Europa consumano più acqua (la media europea è di 120 litri per persona al giorno e quella italiana è di ben 236). Se ci attestassimo su un consumo di 150 mc l’anno invece di 192, risparmieremmo in media 129euro; una famiglia toscana, la più tartassata a livello nazionale, potrebbe arrivare a pagare 235euro in meno, ed anche una famiglia molisana avrebbe un risparmio di 42euro sui 181 annui.
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