“E’ una iniziativa di una docente che in una classe quinta, nell’ambito di un percorso di educazione civica sullo sviluppo del pensiero critico, ha ritenuto di utilizzare questo libro, in accordo con i ragazzi, alcuni dei quali avevano già il pdf”.
Così Giuseppina Pagano, dirigente del liceo scientifico Ribezzo di Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi, parla con l’ANSA dell’utilizzo del libro ‘Il mondo al contrario’ del generale Roberto Vannacci, nel percorso didattico di una classe del suo istituto.
Il libro di Vannacci ha suscitato molte polemiche perché – come sostenuto da alcuni critici – supporta posizioni xenofobe e razziste, e attacca i diritti delle persone Lgbt.
Pagano spiega che “non potevamo mettere la testa sotto la sabbia e far finta che queste cose non accadono perché poi fuori dalla scuola i ragazzi le incontrano. Quindi è meglio se in un contesto come scuola riusciamo a interagire con loro, a provocare un dibatito controllato e critico, trattando diversi punti di vista”.
“Come diceva la professoressa che ha avuto l’idea – evidenzia la preside – ‘per prendere le distanze da un libro bisogna leggerlo’. Da me è venuto un solo genitore che ha ritenuto potesse esserci qualche problema, per cui sono andata ad accertarmi nella classe e ho parlato con i ragazzi che quasi mi guardavano perplessi e non capivano perché la cosa stesse suscitando un problema”.
“Il lavoro – prosegue – è fatto per stimolare liberamente il pensiero dei ragazzi. Devono affrontare l’esame di Stato, sono abbastanza grandi ed è giusto che all’interno della scuola si faccia un lavoro del genere.
Non so davvero il problema dove sia, dal momento che non si lasciano i ragazzi soli, alla mercè di quello che accade sui social, a livello mediatico. Anzi si dà loro degli strumenti in più per poterli affrontare nel modo giusto”.
Nessun problema, alcun imbarazzo. E’ un punto di vista ragionevole, leggere per capire, comprendere per saper disinnescare l’ordigno eventuale. Ma, intanto, si dice che gli “strumenti”, quelli che istituzionalmente dovrebbe fornire la scuola, non sono sufficienti o adeguati.
E che l’ultimo trend strombazzato dai media merita la dignità culturale di un programma scolastico e di un libro di testo. Dimenticando che compito e responsabilità della scuola è scegliere ciò che vale la pena insegnare e ciò che non vale la pena insegnare.
Prima ancora dei luoghi comuni, delle scivolate razziste, dei pregiudizi assortiti, sono la sciatteria stilistica e la miseria argomentativa del libro in questione che dovrebbero preoccupare il pedagogo. Vannacci non è un Celine.
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