Bufera Chiara Ferragni: le uova dopo il pandoro. Social non perdonano, contrappasso Web

Bufera su Chiara Ferragni. Boom di meme sulla imprenditrice accusata di pubblicità ingannevole e, successivamente, il “mea culpa” singhiozzante e risarcitorio a beneficio di flash, taccuini e telecamere. I social non perdonano gli scivoloni. La Rete dà, la Rete toglie. Diluvio di sfottò e critiche. È il contrappasso del web. Addirittura le video-scuse (zoppicanti) sono state paragonate alla video-sceneggiata di Soumahoro: “Devono avere lo stesso armocromista”.  Infatti l’influencer e il deputato con gli stivali avevano addosso per l’occasione un maglione grigio, il colore della crisi.

Siamo già al “Pandoro-gate” (Libero), al “Vanna Marchi 2.0” (La Stampa), alle vignette “Profumi e Balocco, mormora la piccina“ (Il Fatto), all’inevitabile “bufera” (Repubblica), alle unghiate de “Il Tempo di Osho”, alle “uova rotte dei Ferragnez” (La Verità), alle “nuove accuse “ (Corriere della Sera). Tutta roba finita in prima pagina.

DOPO IL PANDORO LE UOVA DI PASQUA

La Procura di Milano è pronta ad aprire un fascicolo sulla vicenda dopo aver ricevuto l’esposto del Codacons. E, nel frattempo, a far  sorgere il sospetto di una nuova pratica commerciale scorretta, spuntano altre due campagne promozionali – una a febbraio 2021 e l’altra l’anno dopo – in cui Chiara Ferragni ha pubblicizzato uova di Pasqua “benefiche” in collaborazione con Dolci Preziosi. Lo scopo era sostenere i “Bambini delle Fate”, associazione che aiuta i ragazzi con autismo.

L’operazione messa in piedi sembra che abbia fruttato molto più di quanto poi in effetti devoluto – peraltro non dalla Ferragni – per la causa pubblicizzata. L’influencer avrebbe ricevuto un cachet di 1,2 milioni (500.000 euro nel 2021 e 700.000 circa nel 2022) per aver ceduto la sua immagine. La donazione alla associazione, effettuata solo dalla azienda, sarebbe stata invece di 36.000 euro in due anni. Ecco perché il Codacons è pronto per un nuovo esposto.

INFLUENCER SPESSO OPACHI

Lo dicono molti esperti, in testa Giovanna Cosenza, allieva di Umberto Eco e docente all’università di Bologna. Ha detto a QN: ”Ferragni ci ha messo 3 giorni a spiegare come stanno le cose. Oltre al ritardo, inaccettabile in casi come il suo, non è stata nemmeno sufficientemente chiara. In questo caso non c’è stato solo un errore di comunicazione. Quando si sbaglia, bisogna rispondere immediatamente. La Ferragni ha detto che avrebbe impugnato la sentenza perché la riteneva ingiusta. Una frase che ha aggravato la sua posizione. Qualunque cosa che viene detta o fatta dopo, purtroppo, si colora di una atmosfera di menzogna. In casi come questo serve la più totale trasparenza. Non bastano le lacrime, bisogna mostrare i conti; far vedere come si sta riparando all’errore”.

Published by
Alessandro Avico