Una eruzione ai Campi Flegrei è uno dei due scenari nella possibile evoluzione del bradisismo. Lo scenario più auspicabile è che il sollevamento del suolo si fermi come avvenne alla fine del 1984. A confermare che la situazione preoccupante è il presidente dell’Ingv (l’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia) Carlo Doglioni, nel corso di una audizione alla commissione Ambiente della Camera.
“La nostra preoccupazione è legata sia alla sismicità sia al fatto che queste temperature in particolari località potrebbero dare origine a piccole esplosioni freatiche che non sono eruzioni di magma, ma è acqua che in questo stadio super critico può dare delle esplosioni”, ha detto in audizione alla Camera, per poi aggiungere: “Considerato che negli ultimi mesi la sismicità non fa altro che aumentare, in questo momento non vediamo la fine. Può darsi che arrivi rapidamente come può darsi che invece l’evoluzione possa essere ancora più dirompente”.
Doglioni chiarisce quindi che sono due gli scenari possibili che si delineano sull’evoluzione della situazione: il migliore è che la crisi del bradisismo in corso termini, come era accaduto nel 1982-84, il peggiore è un’eruzione simile a quella del 1538. Si tratta, precisa, di “un’evoluzione che non conosciamo e che monitoriamo”.
Il presidente dell’Ingv spiega quindi che “lo scenario meno critico è quello di una situazione analoga alla crisi del 1982-84”, cioè una crisi bradisismica che “è durata due anni e poi si è fermata”, mentre “al momento lo scenario più critico è un’eruzione come quella del Monte Nuovo”, che risale al 1538, la più recente tra le oltre 70 eruzioni esplosive avvenute nei Campi Flegrei. Si tratta di un evento molto diverso da quello avvenuto 39mila anni fa, quando l’eruzione liberò oltre 400 metri cubi di materiale.
Nel caso di un’eruzione, aggiunge Doglioni, “non sappiamo né quando né dove potrebbe avvenire. E, per quanto piccola, provocherebbe un disagio sociale”. E comunque, conclude, “è impossibile pensare che i Campi Flegrei si spengano perché sono un vulcano attivo”.
Un altro dirigente dell’Ingv, Giuseppe De Natale, ha scritto al prefetto di Napoli il 18 settembre parlando della necessità di attenuare il rischio sismico verificando la vulnerabilità degli edifici in un’area estesa 20 km, a cominciare da scuole ospedali, uffici pubblici, valutando anche l’evacuazione di migliaia di persone tra l’area di Pisciarelli e quella della Solfatara. La segnalazione, ha fatto sapere il viceprefetto Simonetta Calcaterra, “trattando temi scientifici suscettibili di approfondimento, è stata inviata alla Protezione civile nazionale, all’Ingv e alla Regione Campania”.
E ha aggiunto che “la prefettura, nell’ambito delle proprie competenze sul piano operativo e di pianificazione, collabora con le autorità nazionali preposte”. Il vulcanologo ritiene che, se il sollevamento del suolo non si fermerà, si rischia un terremoto molto più forte e quindi, come scrive De Natale, “è alta la probabilità che avvengano scosse anche più forti del periodo ’82-84”.
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