La tragica storia del cane bruciato vivo dal padrone nel centro di Palermo e morto dopo atroci sofferenze durate giorni, è ora un caso giudiziario. La Procura del capoluogo ha iscritto nel registro degli indagati il proprietario per maltrattamento e uccisione di animali. Inoltre i magistrati vogliono capire come la Asp abbia potuto affidare il cane a un uomo con problemi psichici, senza fissa dimora e con precedenti penali.
L’indagato ha presentato regolare richiesta di assegnazione del pitbull all’azienda sanitaria che ha autorizzato il trasferimento di proprietà dal precedete padrone, anche lui un pregiudicato, all’attuale. L’uomo non può essere arrestato: la pena prevista per il reato non consente la misura cautelare in carcere, ma i magistrati chiederanno che gli venga applicata una misura di sicurezza, ovvero un provvedimento che possa limitare la libertà a prescindere dal reato commesso.
La vicenda ha finito per scatenare una polemica politica con accuse di immobilismo al sindaco di Palermo, Roberto Lagalla. “Dispiace constatare che, a un ignobile fatto come quello di un cane bruciato vivo, qualcuno abbia pensato di rispondere con violenza verbale e, talvolta, muovendo contestazioni prive di fondamento, in particolare sulle iniziative che si sarebbero dovute adottare nei confronti del soggetto che ha commesso questa vile azione, come se fossero il sindaco o l’amministrazione a poterle assumere in autonomia”, risponde il sindaco. “Il Comune ha fatto tutto quello che era in suo potere fare — aggiunge — e per queste ragioni, mi riservo di adire le vie legali nei confronti di chi ci ha rivolto offese e di chi, pensando di mendicare un po’ di visibilità da questa penosa vicenda, ha ritenuto, con gratuite affermazioni, di incolparmi di incuria e disattenzione verso i cittadini”.
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