La cucina italiana stroncata dal Financial Times. A ridosso della presentazione della candidatura della nostra cucina a patrimonio immateriale dell’umanità all’Unesco, dall’importante quotidiano americano è arrivato un attacco frontale ai fondamenti della nostra cucina.
La provocazione nasce da un’intervista a Alberto Grandi, docente dell’università di Parma di storia dell’alimentazione, che ha dedicato la sua intera carriera a sfatare miti legati alla tradizione culinaria del nostro Paese. Il famoso giornale prende spunto da una frase di Grandi (“Tutto quello che io, un italiano, pensavo di sapere sul cibo italiano è sbagliato. Dal panettone al tiramisù, molti ‘classici’ sono in realtà invenzioni recenti”) per attaccare, senza portare però nessuna prova, la nostra cucina. Sotto accusa anche parmigiano e carbonara, in quello che la Coldiretti definisce “un attacco surreale ai piatti simbolo della cucina italiana, proprio in occasione dell’annuncio della sua candidatura a patrimonio immateriale dell’Umanità all’Unesco”.
L’articolo, rileva la Coldiretti, “cerca di banalizzare la tradizionale alimentare nazionale, dalla carbonara al panettone, dal tiramisù fino al Parmigiano Reggiano”. Su quest’ultimo, nell’articolo si legge che “prima degli anni ’60 le forme di parmigiano pesavano solo circa 10 kg (rispetto alle pesanti forme da 40 kg che conosciamo oggi) ed erano racchiuse in una spessa crosta nera. Aveva una consistenza era più grassa e morbida rispetto a quella attuale” e che “la sua esatta corrispondenza moderna è il parmigiano del Wisconsin“. Una ricostruzione che la Coldiretti bolla come “fantasiosa”, rilevando che proprio lo stato americano del Wisconsin è “la patria dei falsi formaggi Made in Italy”.
Altrettanto fantasiose, prosegue la Coldiretti, sono le dichiarazioni secondo cui a inventare la carbonara sarebbero stati gli americani e quella che addita panettone e tiramisù come prodotti commerciali recenti. E’ “un articolo ispirato da una vecchia pubblicazione di un autore italiano che – rileva la Coldiretti – potrebbe far sorridere, se non nascondesse preoccupanti risvolti di carattere economico ed occupazionale. La mancanza di chiarezza sulle ricette Made in Italy offre infatti terreno fertile alla proliferazione di falsi prodotti alimentari italiani all’estero, dove le esportazioni potrebbero triplicare se venisse uno stop alla contraffazione alimentare internazionale che è causa di danni economici, ma anche di immagine”.
Per l’organizzazione agricola “l’agropirateria mondiale nei confronti dell’Italia ha raggiunto un fatturato di 120 miliardi”, in una classifica ai cui vertici ci sono i formaggi, a partire da Parmigiano Reggiano e Grana Padano, seguiti dai salumi, con i prosciutti di Parma e San Daniele, gli olii extravergine di oliva, le conserve come il pomodoro San Marzano e i vini, dal Chianti al Prosecco.
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