Chat sessiste tra i dipendenti di un’agenzia di comunicazione a Milano, con tanto di scambio di foto delle impiegate in bikini, apprezzamenti sul fisico e relativa classifica. Accadeva nell’agenzia creativa We Are Social, nello specifico nella cosiddetta “Chat degli 80”, dove le college e le giovani stagiste venivano catalogate e classificate, in base al loro aspetto, dai colleghi uomini.
I messaggi della chat risalgono a circa sei anni fa, ma della sua esistenza si è saputo pubblicamente solo di recente, grazie ad un’intervista sulla pagina Facebook di Monica Rossi al pubblicitario Massimo Guastini, che ha sollevato il problema delle molestie sessuali nel mondo della pubblicità facendo anche nomi e cognomi.
È stato lui a raccontare della chat nata in una notissima agenzia milanese, “molto famosa e molto potente”, che poi si è rivelata appunto essere We Are Social.
Della chat facevano parte circa 80 uomini che con decine e decine di messaggi ogni giorno parlavano, dal luogo di lavoro, dell’aspetto fisico delle colleghe in termini volgari, sessisti e con insulti. Le battute di cattivo gusto a sfondo sessuale non mancavano, rivolte alle colleghe ritenute più avvenenti.
Si è poi scoperto che oltre alla chat esisteva un foglio Excel con i nomi delle colleghe più apprezzate, una sorta di hit. La storia della chat sessista è poi passata dai social, ai siti e ai quotidiani dove è esplosa e così l’agenzia We Are Social ha deciso di replicare alle polemiche spiegando che sarà avviata un’indagine interna.
“Condanniamo con forza qualsiasi episodio, discriminatorio e inappropriato – ha spiegato Gabriele Cucinella, uno dei fondatori dell’agenzia creativa – Proprio per questo motivo stiamo definendo ulteriori azioni tra cui un’indagine interna che verrà affidata a un ente terzo. Siamo intervenuti nella vicenda proprio per non nasconderci. Vogliamo tutelare tutte le persone che lavorano con noi”.
Cucinella ha inoltre spiegato che i fondatori dell’agenzia hanno saputo dell’esistenza della chat solo quando questa era già stata chiusa, nel 2017, che nessuno dei tre fondatori era presente al suo interno e che nonostante un controllo interno non sono riusciti a identificare e a risalire ad alcun contenuto.
La chat sessista di We Are Social sembra essere solo la punta dell’iceberg perché da giorni sui social si rincorrono testimonianze di donne e ragazze che sostengono di avere subito molestie nel mondo della pubblicità dove lavorano o lavoravano. Tanto che una di loro, Tania, dal suo account Instragram Taniume ha lanciato un appello a tutte coloro che lo desiderano a raccontare in modo protetto le loro storie. Per questo ha creato un link per raccogliere denunce e testimonianze in modo anonimo.
“Ho subito molestie in un’agenzia in cui ho lavorato – spiega sui social Tania – molestie ripetute su base giornaliera e che, con me, subivano altre persone. Non sono io a dire che c’è un problema nel mondo della pubblicità ma le tante, troppe testimonianze di persone, la maggior parte donne, che hanno subito molestie verbali, psicologiche e fisiche dentro le agenzie”.
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