Continua lo sciame sismico nei Campi Flegrei. La scossa più forte, di magnitudo 4.2, si è verificata nella notte intorno alle ore 3.35 ed è stata avvertita in maniera chiara anche in alcuni quartieri di Napoli.
Lo ha spiegato tempo fa al Corriere della Sera il professore Giuseppe De Natale, vulcanologo dell’Ingv (sezione di Napoli dell’Osservatorio Vesuviano). L’attività sismica nell’Area flegrea sta aumentando e continuerà ad aumentare tra terremoti ed eruzioni. Quando? Quanto? Difficile prevederlo. Impossibile.
Ma andiamo con ordine. Cosa si intende per Campi Flegrei?
I Campi Flegrei sono una vasta area situata nel golfo di Pozzuoli, a ovest della città di Napoli e del suo golfo. L’area è nota sin dall’antichità per la sua vivace attività vulcanica. Si tratta infatti di un antico supervulcano. Negli ultimi anni in quest’area è aumentata l’attività sismica.
“[…] L’attività sismica può solo aumentare finché continua il sollevamento del suolo – spiega De Natale intervistato dal Corriere della Sera -. Perché il sollevamento del suolo è un’indicazione dell’aumento di pressione nel sottosuolo […] Oggi siamo quasi al livello della sismicità del periodo 1982-1984. Non siamo ancora a quel livello soltanto perché, come abbiamo osservato già dagli anni ’80, la sismicità in quest’area, oltre che dal livello di pressione interna, dipende anche dal tasso di incremento della pressione, ossia del sollevamento. Nel bradisisma degli anni ’80, il tasso di sollevamento era oltre 5 volte maggiore di oggi, e quindi anche la sismicità era maggiore”.
“Il sollevamento del suolo iniziato alla fine del 2005 è quasi perfettamente speculare all’abbassamento osservato dal 1985 al 2003 circa. Personalmente speravo che sarebbe terminato una volta raggiunto il livello del 1984 – spiega ancora il professore -. Negli ultimi mesi invece abbiamo superato la quota massima del 1984, ormai siamo diversi centimetri più sopra […] Possiamo dire solo con certezza che, finché perdura il sollevamento del suolo, la sismicità potrà solo aumentare. Dopo di che, oggi non c’è evidenza di intrusioni magmatiche superficiali, e questo è un bene. Ma è chiaro che in futuro, anche a breve scadenza, non possiamo escludere che tali intrusioni non avvengano”.
Quali sono i rischi? “Il problema è che oggi, superato il valore massimo recente ottenuto nel 1984, il livello del suolo, e quindi verosimilmente il livello della pressione interna, è il più alto che abbiamo mai sperimentato, almeno negli ultimi due secoli. È chiaro che la resistenza delle rocce non è infinita, ma noi non sappiamo con esattezza qual è il punto critico, di non ritorno. Ci troviamo dunque in una situazione non sperimentata prima”.
E’ possibile che nei prossimi cento anni si possa verificare una eruzione particolarmente disastrosa? “In questi fenomeni naturali non si può dire nulla con certezza. È estremamente improbabile, prima di tutto perché è raro che una caldera generi più eruzioni ignimbritiche; poi perché, da modelli teorici, le eruzioni ignimbritiche da collasso calderico si preparano in diverse centinaia o migliaia di anni di continuo afflusso magmatico […]”.
E per prevenire il rischio? “Bisogna rendere le aree a più alta pericolosità (prima di tutto la zona rossa) effettivamente resiliente. Questo significa innanzitutto consolidare gli edifici (per renderli quanto più resistenti alla sismicità associata, che sebbene non molto forte può causare danni ad edifici particolarmente fatiscenti) e razionalizzare la rete viaria”.
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