All’ospedale di Alzano Lombardo il Covid circolava già dal 4 febbraio 2020, più di due settimane prima della data del caso di Paziente 1, con tre pazienti infetti ricoverati nel reparto di medicina al terzo piano e uno nel reparto al secondo piano “con un quadro clinico compatibile con infezione da Sars-Cov2 poi confermata con tampone molecolare”. Lo si legge nelle consulenza del microbiologo Andrea Crisanti depositata agli atti dell’inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione della prima ondata di Coronavirus nella Bergamasca in cui sono indagati, tra gli altri, l’ex premier Giuseppe Conte e l’ex ministro Roberto Speranza.
Per “sopperire” alla carenza di mascherine chirurgiche e di Ffp2, nei giorni successivi al 23 febbraio 2020, agli operatori sanitari dell’ospedale di Alzano Lombardo è stato suggerito e data l’autorizzazione “a utilizzare le mascherine dei kit anti-incendio presenti” nei reparti. Lo riporta la consulenza di Andrea Crisanti depositata ai pm Bergamo nell’indagine sulla gestione del Covid in Val Seriana in cui tra gli indagati ci sono l’ex premier Conte e l’ex ministro Speranza. Dalle chat risulta che il personale “è stato istruito a riutilizzare” le Ffp2, “procedura contraria a ogni principio di sicurezza e prevenzione”.
Fu il “28 febbraio 2020” il giorno cruciale che portò l’Italia a non riuscire a contrastare la pandemia da Covid, malgrado i dati a disposizione, perché invece che alle zone rosse, come quella da applicare in Val Seriana, il Comitato tecnico scientifico si affidò a “misure proporzionali” per combattere un “virus che si propagava esponenzialmente” scrive sempre nella sua consulenza per la Procura di Bergamo il microbiologo Andrea Crisanti.
Le “valutazioni e le decisioni del Cts prese il 28 febbraio”, si legge, “avranno conseguenze devastanti nel controllo dell’epidemia in Italia che si trova da quel momento in balia all’improvvisazione”. Il piano pandemico nazionale “non era stato attivato il 5 gennaio”, giorno dell’allarme lanciato dall’Oms, e poi il 28 febbraio il Cts “abbandonava anche le indicazioni del Piano Covid di risposta all’emergenza preparato dalla fondazione Kessler”. Adottò, invece, come risulta dagli atti acquisiti dagli inquirenti, una linea “ispirata a un principio di proporzionalità”. Come se, scrive Crisanti, “prima di estendere le misure previste per la zona rossa si dovesse realizzare uno scenario ancora peggiore di quello che aveva indotto il Cts e il MInistro Speranza a secretare il Piano Covid”.
Nella relazione di Crisanti anche considerazioni di questo tipo: “con questi livelli di progressione e le conoscenze di matematica impartite alle nostre scuole medie si sarebbe potuto facilmente calcolare che nel giro di due giorni i casi avrebbero raggiunto quota mille” in Lombardia, dopo il 28 febbraio.
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