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Cutro, migranti che ce l’hanno fatta costretti a pagare gli scafisti: la foto come prova della sopravvivenza

Quelli che chiamiamo scafisti, conclusosi in tragedia ad un centinaio di metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro, non si sono fatti scrupoli a chiedere il saldo della traversata ai migranti superstiti, infischiandosene se quelle stesse persone, nel naufragio possano avere perso i genitori, i figli, la moglie o un altro congiunto.

Cutro, i migranti e gli scafisti. Il racconto di un sopravvissuto

A fare emergere questo, ennesimo, ulteriore, particolare agghiacciante, è stato un sopravvissuto al naufragio che ha provocato 88 vittime accertate – l’ultima, un uomo di circa 30 anni è stata recuperata oggi a poche decine di metri dalla riva a Steccato – e un numero imprecisato di dispersi. Sentito come teste nell’incidente probatorio disposto dal tribunale dei minorenni di Catanzaro nell’inchiesta sul presunto scafista 17enne, l’uomo ha raccontato che i sopravvissuti, si sono fotografati o sono stati fotografati dai familiari – su questo la testimonianza non sarebbe stata chiara – nel Cara di Isola Capo Rizzuto e “così i trafficanti hanno saputo chi era vivo”. Lui, per rischiare la vita, ha pagato 8.300 euro vincolati: in caso di arrivo i trafficanti li avrebbero ricevuti tramite money transfer.

Cosa è successo nella notte

Il superstite, nella sua deposizione, ha raccontato anche altro. Gli scafisti, sin da subito, hanno manifestato l’intenzione di arrivare nella notte tra sabato e domenica 26 febbraio per eludere i controlli delle forze dell’ordine. Per farlo, nonostante le proteste dei migranti, il sabato si sono fermati in mare aperto per aspettare l’oscurità. E poi hanno preso i telefonini dei migranti all’imbarco e li hanno restituiti solo poco prima di quello che avrebbe dovuto essere lo sbarco ma attivando un disturbatore di frequenza per impedirgli di chiedere aiuto. E loro stessi, nonostante le insistenze delle persone a bordo, si sono rifiutati di allertare le autorità. “Non li hanno voluti chiamare neanche vicino alla costa” ha detto il superstite. Poi, giunti vicino a riva hanno notato delle luci e temendo fossero le forze dell’ordine, hanno effettuato una brusca virata. La barca, colpita dalla forza delle onde, si è inclinata su un lato andando a schiantarsi violentemente con la secca sfasciandosi. Kabiry si è salvato nuotando “20-30 minuti” fino a riva, “dove c’erano i carabinieri”.

Forse dovresti anche sapere che…

Gianluca Pace

Laureato in Storia contemporanea, a Blitz quotidiano dal 2011. Qui mi occupo, si fa per dire, di quel che accade in questa misera Italia e nei dintorni. Con queste poche righe dovrei mettere in risalto, con un po’ di ironia e senza farlo notare troppo, le mie poche qualità. Ma insomma, alla fine che ci frega?

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