I genitori di Denise Pipitone, Piera Maggio e Pietro Pulizzi, dopo 18 anni dalla scomparsa dell’allora bambina, si sono pubblicamente rivolti a Matteo Messina Denaro fresco di cattura. Con accorate e rispettose parole. Rispettose non certo dell’attività criminale del capo mafia ma del potere, anzi del super potere supposto e immaginato e comunque dato per ovvio e scontato della mafia. E hanno diffuso quello che loro stesi hanno definito un appello. Appello all’onniscienza della mafia. Perché, secondo quanto pensano, valutano e comunicano, da sempre e per sempre se succede qualcosa in Sicilia la mafia lo sa. Lo sa per filo e per segno. Quindi Matteo Messina Denaro, per definizione la mafia, non può non sapere di quanto accadde a Denise.
I genitori di Denise ci tengono che sia chiaro ed esplicito: non si rivolgono a Matteo Messina Denaro per accusarlo di qualcosa. Testuale nell’appello “non per accusare di qualcosa”. Ma per ottenere la grazia di una attenzione. “Noi siamo convinti che se decidesse di fornire la risposta alla nostra domanda metterebbe fine al nostro calvario”. Ci si rivolge qui a Matteo Messina Denaro con i toni e sentimenti, le modalità e le movenze di quando si chiede ad una autorità, religiosa o laica, di interessarsi di una sofferenza dei fedeli o dei sudditi, di intercedere, di conferire ai dolenti e martoriati dalla vita un sollievo, qualcosa a mezzo tra la raccomandazione e la grazia.
“Ci appelliamo a sentimenti forse assopiti…”. E’ una delle travi emotive che sostengono l’edificio dell’appello dei genitori di Denise a Matteo Messina Denaro. Appello all’uomo oltre che al capo mafia. Che faccia un gesto di umana bontà, di solidarietà con una madre e un padre cui il destino ha riservato la pena maggiore, di misericordia ponendo fine al calvario. Che faccia un gesto di…giustizia? “Ci dica se sa dov’è Denise”. E in quel ci dica se sa c’è pochissimo dubbio al riguardo da parte dei genitori di Denise, c’è anzi la preghiera a Matteo Messina Denaro di “desecretare” quel che sa. Quel che non può non sapere, è o no la mafia?
Un pasticcio, cioè una miscela, cioè strati sovrapposti di culture in un solo appello. Culture, sentimenti, valori. In primo luogo la più che rispettabile tenacia e perseveranza di cercare la figlia anche al di là del plausibile e probabile e razionale. In secondo luogo, subito dopo: l’inestirpabile convinzione e certezza popolare secondo cui danno e disgrazia sono in realtà complotto e manipolazione dietro i quali c’è certamente qualcuno. E questo qualcuno mai e poi mai può essere un criminale di basso rango. L’immane dolore della sparizione di una figlia deve avere un “dietro” adeguatamente possente. Quindi Denise non solo è viva ma la sua sparizione fa parte di un piano che lo Stato, il normale Stato, non ha mai saputo/voluto scoprire e punire. Ma c’è al mondo qualcosa di più del normale Stato, ed è il terzo pilastro dell’appello. Ci sono i Poteri. Quelli che tutto sanno e tutto fanno e disfanno. Può essere un santo in santuario, può essere un Papa in Vaticano, può essere un “mammasantissima” della mafia. La sofferenza di una madre e di un padre merita che qualcuno di questi Poteri si chini a lenirla. Al momento il disponibile su piazza mediatica è Matteo Messia Denaro. Una cultura che mescola e combina pensiero devoto, pensiero magico, pensiero suddito. Una cultura antica, una cultura viva.
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