Anni di violenze, minacce e vessazioni consumate nel chiuso delle mura domestiche. E quel che è peggio è che ad infliggere un’esistenza intrisa di privazioni e sopraffazioni ad una trentenne affetta da un lieve deficit cognitivo, sarebbero stati i componenti della sua stessa famiglia: il padre, la madre, entrambi di 58 anni, e le due sorelle più piccole, di 28 e 20 anni. Un incubo a cui hanno posto fine i carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro che hanno arrestato i familiari della donna in esecuzione di quattro ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip di Palmi su richiesta della Procura della Repubblica. Ai presunti aguzzini viene contestato il reato di maltrattamenti in famiglia.
Teatro dell’ennesima vicenda di segregazione e abuso su persone fragili è San Ferdinando, comune della Piana di Gioia Tauro già divenuto tristemente famoso per la baraccopoli dei migranti. Genitori e sorelle della vittima, secondo quanto ricostruito dagli investigatori dell’Arma, avrebbero costretto la loro figlia e sorella a subire, in silenzio, pesanti ingiurie e minacce, con tanto di aggressioni fisiche, gratuite e immotivate. La giovane donna, inoltre, sarebbe stata costretta a vivere in una stanza degradata dell’abitazione, una sorta di magazzino, umida e con i muri scrostati, priva di pavimento e con la serranda della finestra rotta.
Le indagini dei militari, condotte dallo scorso mese di giugno sotto le direttive della Procura di Palmi sulla base di alcune segnalazioni, hanno consentito di delineare un quadro di reiterati, pesanti episodi in occasione dei quali la vittima avrebbe subito violenze fisiche e verbali da parte dei congiunti, senza riuscire a opporre resistenza o a ribellarsi. In particolare, la giovane sarebbe stata costretta a dormire all’interno di una stanza della casa, una sorta di ripostiglio in cui erano custoditi una bicicletta, secchi per raccogliere la spazzatura, materiale di risulta, scale e attrezzi di lavoro. All’esterno della porta, inoltre, sistemato probabilmente per poter chiudere la stanza da fuori, era stato fissato un lucchetto, l’unico presente nelle porte interne dell’intera abitazione.
E non è tutto: sempre secondo quanto emerso dalle indagini dei carabinieri, la vittima sarebbe stata spesso svegliata durante la notte e costretta ad alzarsi sempre molto presto per effettuare le pulizie domestiche, venendo apostrofata in continuazione con insulti ed epiteti profondamente offensivi ed anche minacciata di morte o rimproverata senza motivo. In alcune circostanze, la trentenne, che spesso aveva chiesto ai familiari il motivo di tanta rabbia e violenza fisica e verbale nei suoi confronti senza ottenere risposta, sarebbe stata anche percossa dai genitori e dalle sorelle.
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