Disperdere le ceneri di un defunto senza il suo consenso e tacere quanto fatto a un familiare lede il “diritto secondario di sepolcro”. Questo diritto include la facoltà di accedere alla tomba per compiere atti di culto e di pietà verso i defunti, oltre a impedire azioni che turbino queste pratiche. Il Tribunale civile di Milano, con una sentenza innovativa, ha condannato una madre a risarcire la figlia con 50.000 euro per danni non patrimoniali, dopo che questa le aveva impedito di onorare il padre defunto davanti all’urna funeraria, in realtà vuota.
La sentenza è stata emessa dalla decima sezione del Tribunale civile di Milano, che ha ritenuto necessario quantificare il risarcimento dei danni non patrimoniali in modo equitativo, data l’assenza di precedenti giurisprudenziali. La madre aveva fatto credere alla figlia che le ceneri del padre fossero conservate nell’urna collocata in un armadio di casa, ma in realtà le aveva disperse senza il consenso del defunto, che aveva espresso il desiderio di essere cremato, ma non quello di vedere disperse le proprie ceneri.
Il giudice Damiano Spera ha sottolineato nella sentenza che il diritto dei parenti di avere un luogo per onorare il defunto e che tale luogo non sia trasformato è un’espressione inalienabile ed intangibile di un diritto della personalità, tutelato dall’articolo 2 della Costituzione italiana e dall’articolo 19 che garantisce la libertà religiosa. Pertanto, il Tribunale ha il dovere di garantire che tutti i soggetti legittimati possano esercitare il proprio diritto di visita e culto, sanzionando chi ne impedisca l’esercizio.
La causa, promossa dalla figlia con l’avvocata Rita Lovato, ha evidenziato la mancanza di rispetto per le volontà del defunto e il diritto della figlia di essere informata della decisione di disperdere le ceneri. La figlia ha subito un inganno prolungato per vent’anni, onorando il padre di fronte a un’urna vuota. Questo ha causato un forte stress emotivo, aggravato dalla violazione della fiducia e dall’amplificazione del trauma, oltre che dalle aspettative di comportamento morale e dal danno alle relazioni familiari e alle memorie condivise.
Il giudice ha quindi stabilito un risarcimento equitativo di 50.000 euro, considerando la difficoltà di monetizzare danni di tale natura e l’assenza di precedenti specifici. Questa sentenza rappresenta un importante precedente nella tutela del diritto secondario di sepolcro e della dignità dei defunti e dei loro familiari.