Una donna incinta al secondo mese, di circa 40 anni, è morta davanti all’ospedale Franchini di Montecchio, in provincia di Reggio Emilia. Come si legge su Il Resto del Carlino, si era sentita male intorno all’una di notte a casa propria, nel paese di Gattatico. Il marito, preoccupato, aveva chiamato subito il 118, che l’aveva rassicurato inviando un’automedica da Reggio. Ma nell’attesa, la donna ha perso i sensi e così il coniuge ha deciso di portarla all’ospedale più vicino, dove però il pronto soccorso è chiuso. Un’operatrice ha fatto sopraggiungere i volontari della Croce Arancione, che hanno tentato una prima rianimazione, invano. Poi è arrivata l’automedica da Reggio, ma per lei non c’è stato nulla da fare.
L’Ausl, mandando “le più sentite condoglianze” alla famiglia della donna – ha fatto sapere che quando il marito ha chiamato il 118 la donna era “in stato di incoscienza e con respiro rumoroso”, per questo gli operatori della centrale operativa gli hanno consigliato di “attendere al domicilio i soccorsi”.
L’Ausl continua: “Il marito però aveva deciso di portare autonomamente, con la propria auto, la moglie al Pronto Soccorso di Montecchio, chiuso di notte dal 20 marzo 2020″. Quando l’ambulanza ha raggiunto la casa della famiglia, non ha trovato la coppia. “Non è stato possibile contattare il marito per proporre un rendez vous, un luogo di incontro lungo il percorso con un mezzo di soccorso avanzato (automedica o autoinfermieristica), perché il cellulare era stato lasciato a casa”.
Il 118 ha poi provveduto ad attivare l’autoinfermieristica “per l’immediata apertura della camera calda del Pronto Soccorso di Montecchio in attesa dell’arrivo della paziente, nonché l’automedica per l’eventuale necessità di intervento. All’arrivo dell’auto guidata dal marito con la paziente a bordo, sono subito iniziate le ripetute manovre di rianimazione a cura dei professionisti dell’autoinfermieristica e dell’automedica, tempestivamente giunta sul posto”. Per lei però non c’è stato nulla da fare.
“Una tragedia che, senza alcun dubbio, è conseguenza di tagli e definanziamenti continui alla sanità pubblica”. Questa l’accusa di Sgb, il sindacato generale di base. “Siamo colpiti e profondamente addolorati da questa tragedia, desideriamo esprimere le più sentite condoglianze alla famiglia della donna deceduta. Tuttavia pur in attesa che sia fatta chiarezza sull’accaduto, questa tragedia oltrepassa ogni limite dell’accettabile. È una gravissima carenza in fatto di tutela del diritto alla salute, e non acconsentiremo che quanto accaduto sia sminuito con la retorica della statistica di un caso di rischio sanitario”, continua Sgb in una nota.
“Da tempo chiediamo conto della riorganizzazione della rete di emergenza urgenza, con auto mediche ridotte e dirottate, in nome di una non meglio precisata ottimizzazione delle risorse, su altri distretti costrette a coprire vasti bacini d’utenza, servizi di ps territoriali chiusi o ridotti a H12, depotenziati a servizi Cau, cattiva gestione delle comunicazioni alla cittadinanza sull’accesso ai servizi. Ma le uniche risposte avute sono state ulteriori tagli, ulteriori chiusure, ulteriori depotenziamenti. Sulla sanità è necessario e urgente invertire la rotta. Servono investimenti e non tagli. Servono aperture e non chiusure. C’è bisogno di capitale umano e professionale e non di blocco assunzioni. C’è necessità di ascoltare, capire e di dare risposte efficienti di qualità al bisogno di salute della popolazione e non di smantellamento di servizi camuffati da riorganizzazioni”.
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