Dora, una signora anziana di 80 anni, si sta lasciando morire in una Rsa. Da un mese e mezzo si trova in una Rsa di Aulla, nella provincia di Massa-Carrara, ma contro la sua volontà. Come sostiene la figlia Anna: “Si rifiuta di mangiare, non vuole fare le terapie: si sta abbandonando”. La storia viene raccontata dal Tirreno.
La figlia di Dora ha intrapreso una battaglia legale. La mamma infatti ha un amministratore di sostegno. Ma Anna assicura che c’è “una totale diversità di vedute” con questo professionista. la figlia è convinta, perizie alla mano, che sua madre non abbia alcuna necessità di stare in una Rsa. “Lei vuole tornare a casa, a Camaiore, ed è in grado di vivere lì. Con la sua badante e le sue cose. Con il suo gatto”. Questo braccio di ferro rischia di diventare una sorta di simbolo per un tema che è molto dibattuto. La legge 6 del 2004: la normativa sugli amministratori di sostegno. Da un lato infatti ci sono le famiglie di chi è ritenuto non più in grado di provvedere a se stesso; dall’altro lato i professionisti chiamati dalla legge a occuparsi di queste persone (che però possono essere tutelate anche dagli stessi familiari).
Anna racconta una storia familiare difficile. Il padre se ne andò quando lei aveva 20 anni, nel 1997. Da quel momento la madre è andata in depressione. È stata in cura ma nel frattempo ha iniziato a bere. “Mi ritrovo da sola a dovermi occupare di mia madre, che fa avanti e indietro dalle strutture dove ogni tanto finisce ricoverata. Nel 2009, faccio istanza per diventare amministratrice di sostegno. Nel 2010 il giudice tutelare dice sì e inizia una nuova fase della nostra vita. Ho fatto in modo che i ricoveri fossero anche lunghi, con l’obiettivo di permettere a mia madre di disintossicarsi dall’alcol. Le cose sembravano migliorare e nel 2014 ho iniziato a lavorare nel mondo del teatro”.
Poi, durante un viaggio all’estero per lavoro, Anna è stata segnalata dai servizi territoriali di psichiatria: “Sono stata via 48 ore e mi hanno accusato di abbandono di incapace. Mi hanno detto che non ero in grado di provvedere a mia madre”. Così, nel marzo del 2015, davanti al giudice tutelare, la sentenza stabilisce che Anna non sarà più amministratrice di sostegno della madre. Ruolo che passa a un’avvocatessa. “Ho rinunciato, su consiglio anche del giudice”.
Per alcuni anni l’anziana ha abitato a Camaiore dove la figlia e l’amministratrice di sostegno si sono divise i compiti come da accordi. “Abbiamo collaborato fino al gennaio dell’anno scorso, quando mia madre ha cominciato ad avere problemi seri. Ha iniziato a non camminare più bene ed è caduta in casa. A quel punto sono iniziate le divergenze: io pensavo a una badante fissa e non più part time. Anche perché, quando si è fatta avanti l’ipotesi di inserire mia madre in una residenza per anziani, lei ha detto chiaramente che non voleva. Io le ho trovato una pensione per sostenere le spese, una badante fissa. Ma l’amministratrice di sostegno ha presentato un’istanza al giudice tutelare chiedendo un ricovero coatto”. Poco dopo l’amministratrice ha deciso di lasciare l’incarico e così è stato nominato un altro avvocato.
“Da lì è iniziato il braccio di ferro e siamo finiti più volte a discutere. Io a insistere perché lei rimanesse a casa sua, mentre l’amministratore sosteneva che fosse necessario il ricovero in struttura. È stato come entrare in una sorta di guerra fredda, dove ci si scontra anche per una caldaia rotta – racconta la figlia di Dora –. Il 31 gennaio scorso mia madre è finita all’ospedale Versilia, perché non stava bene: dopo una settimana si stavano preparando le dimissioni per rimandarla a casa. Tutto bloccato fino al 15 febbraio, quando dal Versilia è stata trasferita direttamente ad Aulla”.
“Mia madre non può uscire dalla Rsa, nonostante due perizie dicano chiaramente che ha un lieve decadimento cognitivo, ma conserva la capacità d’intendere e di volere. E soprattutto la consapevolezza di dove vuole vivere”. In questi giorni sarà il tribunale di Lucca ha decidere il destino di Dora.
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