Mistero Orlandi. Ma questa volta inteso anche come mistero rappresentato dal fatto che Pietro Orlandi riguardo la scomparsa di Emanuela insiste a raccontare in buona o in cattiva fede fatti, “verità” e piste che si sono già rivelate fasulle.
E a raccontare fatti che francamente è difficile credere che siano veri. Eppure insiste anche a voler incontrare Papa Francesco per dirgli addirittura di intervenire sulla magistratura vaticana perché l’inchiesta giudiziaria in corso sulla scomparsa di Emanuela deve farla fare come dice lui.
Pietro Orlandi e le bambine zingarelle
Dopo il Segretario di Stato del Vaticano monsignor Agostino Casaroli che si masturbava “con le mutandine di bambine zingarelle” ecco il volo segreto chiesto dal Vaticano al nostro ministro della Difesa per trasferire Emanuela Orlandi in prigionia a Londra.
E’ curioso come ogni volta i giornali e le tv definiscano “rivelazioni” ogni nuova affermazione di Pietro, come se si trattasse di fatti sicuramente veri, appurati, e che quindi come tutte le rivelazioni non possono essere smentiti.
Da qualche tempo l’Orlandi insiste di nuovo con la pista inglese, già lanciata in circostanze sospette nel 2011 e silenziata dopo un inutile quando assai pubblicizzato viaggio a Londra di Pietro.
Al ritorno ebbe il coraggio di dirsi speranzoso, ma di quella pista e annesse speranze non parlò più. Nella nuova versione della pista inglese Pietro sostiene che Emanuela per vari anni, fors’anche dieci o di più, è stata ospite forzata a Londra in un convitto dei Padri Scalabriniani.
Emanuela a Londra?
Pista ribadita con foga anche nella puntata di sabato 21 settembre del programma televisivo Verissimo, di Mediaset.
Questa volta Pietro s’è deciso a fare il nome – Vittorio Bajoni, erroneamente riportato come Baioni – di chi gli ha raccontato di tale ospitalità forzata, di fatto una prigionia.
Stando alle nuove “rivelazioni”, Bajoni è l’uomo che ha portato Emanuela in aereo a Londra per poi restare come suo custode, sistemato dai “rapitori” appositamente in un altro appartamento dello stesso convitto perché si occupasse lui di tutto il necessario per la vita della ragazza, a partire dall’andare a fare la spesa.
Strano che per anni Emanuela non si sia mai ribellata, non abbia mai fatto neppure un tentativo di scappare dal convitto o almeno di far sapere in qualche modo ad altri che lei era Emanuela Orlandi, rapita e segregata.
Difficile da credere che per anni e anni, forse dieci se non di più, non sia mai stata fatta uscire dall’appartamentino dove era stata messa.
Pietro Orlandi era già stato ospite di Verissimo il 30 aprile dell’anno scorso, puntata nella quale ha “rivelato”, senza farne il nome, che il “custode” di Emanuela a Londra era un ex appartenente dei Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR), gruppo terroristico di estrema destra attivo dal 1977 al 1981 e coinvolto nella strage di Bologna del 2 agosto 1980, che uccise 85 persone, per la quale sono stati condannati in via definitiva quattro suoi militanti. Nuovamente ospite di Verissimo il 4 febbraio di quest’anno, Pietro ha aggiunto di avere ricevuto una lettera con altri elementi riguardanti la prigionia di Emanuela a Londra.
Il 21 settembre a Verissimo ha prudentemente aggiunto che la persona che gli ha parlato di Emanuela prigioniera a Londra potrebbe essersi presentata come Vittorio Bajoni pur essendo invece forse un’altra persona.
Sta di fatto che il vero Vittorio Bajoni l’1 giugno 1982, un anno prima della scomparsa di Emanuela, era in carcere e venne raggiunto da un altro mandato di cattura assieme a quattro terroristi neofascisti.
Il suo avvocato Francesco D’Urso scrisse una lettera a La Stampa, che aveva dato la notizia degli arresti col titolo “Arrestati cinque terroristi neri”, sostenendo che il suo assistito “non è mai stato un terrorista, né ha mai fatto parte dell’eversione, né ha mai partecipato ad attentati”.
Come che sia, con tali fardelli giudiziari appare difficile che Bajoni possa essere andato a Londra se non con documenti falsi.
Oppure – tanto per romanzare come al solito – con un volo militare segreto su un aereo chiesto dal Vaticano al nostro ministro della Difesa.
Pietro Orlandi insiste con la storia già raccontata il 10 maggio dell’anno scorso a Sky Tg24 di una lettera, o meglio di una fotocopia di una lettera inedita, fotocopia da lui consegnata alla magistratura vaticana, asseritamente scritta dall’Arcivescovo di Canterbury al cardinale Ugo Poletti nel 1993.
Vale a dire dieci anni dopo la scomparsa di Emanuela, quando però Poletti non era più Vicario del Papa, ma arciprete della basilica di S. Maria Maggiore. La stessa basilica in una zona della quale secondo quanto raccontato lo scorso gennaio da Pietro sarebbero stati messi al sicuro se non i resti di Emanuela almeno la cassa di documenti vaticani che narrano la storia della ragazza a partire dalla scomparsa fino alla sua morte e annesso trasferimento in Vaticano della salma. “
“Ho tentato di entrare in quel sotterraneo della basilica, ma lo hanno blindato per impedire di entrarvi”, ha “rivelato” Pietro a gennaio.
Come che sia, nella lettera dell’Arcivescovo di Canterbury al cardinale Ugo Poletti ci sarebbe scritto quanto segue:
“Cara Eminenza, sapendo che sarà per qualche giorno qui a Londra, mi sento in dovere di invitarla a farmi visita nei prossimi giorni per discutere personalmente la situazione di Emanuela Orlandi di cui sono a conoscenza.
“Dopo anni di corrispondenza, penso sia giusto discutere di una situazione di tale importanza personalmente. Mi faccia sapere se può servirle un traduttore personale o se nel caso lo porterà con lei. Attendo la sua risposta nei prossimi giorni”.
Nonostante Pietro Orlandi dichiari a Sky TG24 “Di questa lettera ho abbastanza la certezza che sia autentica”, si è rivelatafalsa.
A parte l’inglese maccheronico, la perita grafologa forense Sara Cordella, specializzata in grafologia criminologica e docente di grafologia, ha appurato che la firma dell’arcivescovo di Canterbury, monsignor George Cantuar, al secolo Carey, è stata ricavata e copincollata da un altro documento a sua firma rintracciabile nel web con un motore di ricerca come per esempio Google.
La firma è stata copincollata da una lettera del 2016 di monsignor Carey al giornale Christian Today dopo un articolo che parlava di scandali sessuali nella Chiesa d’Inghilterra.
La lettera pubblicata era la copia di quella con la quale Carey si era rivolto al pubblico ministero che aveva accusato di abusi sessuali l’ex vescovo di Gloucester, monsignor Peter Ball.
Pietro però insiste a pretendere che la magistraura italiana e quella vaticana si comportino come i programmi televisivi che lo ospitano spesso e volentieri. Devono cioè pendere dalle sue labbra e considerare vere tutte le sue “rivelazioni”.
Anche quando i magistrati sia italiani che vaticani appurano che si tratta di emerite panzane raccontategli da buontemponi o nemici di Papa Francesco o mitomani con manie di protagonismo.
E se i magistrati appurano che si tratta di frottole e non di cose vere è solo perché subiscono enormi pressioni per nascondere la verità: che ovviamente è “sconvolgente”. Perciò è meglio continuare a ignorarla.
Insomma il mistero Orlandi trasformato nell’Emanuela Orlandi Show è una merce che si vende ancora bene, sia pure a patto di spararle sempre più grosse, perciò può continuare a produrre puntate e chiacchiere all’infinito.
Fa racimolare un po’ di audience e pubblicità in più ai programmi che le producono. Con qualche beneficio anche per chi li conduce.
Il Fatto
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