Mistero Orlandi. Che in realtà meglio sarebbe ormai chiamare da un bel pezzo Emanuela Orlandi Show.
Anche questa volta come nel settembre 2005 ad aprire la stagione di questo show dopo la lunga pausa estiva è stato il programma “Chi l’ha visto?” di Rai Tre. Questa volta la carta giocata è la nota montatura del “nastro con la voce di Emanuela Orlandi sottoposta a stupro e torture”.
Con l’ipotesi clamorosa che la voce – o le voci, perché pare che il nastro sia un assemblaggio di più voci femminili – possa essere di una o più brigatiste torturate e stuprate in carcere (in particolare) ai tempi del sequestro avvenuto il 17 dicembre 1981 a Verona del generale USA James Lee Dozier, capo dei servizi logistici e amministrativi della NATO nel Sud Europa.
Stupri e torture furono denunciate in aula durante il processo per il sequestro del generale dalle brigatiste che le avevano subite.
Insomma, un bel polpettone confezionato impastando questa volta gli immancabili servizi segreti, i brigatisti, o meglio le brigatiste, il mondo del porno e il “mistero” di chi e perché ha confezionato e fatto ritrovare quel nastro agli inquirenti del mistero Orlandi.
La carta che invece venne genialmente giocata da “Chi l’ha visto?” 19 anni fa è stata la telefonata anonima secondo la quale per risolvere il mistero bastava aprire la bara dell’asserito boss della Banda della Magliana Enrico De Pedis, sepolto nello scantinato della basilica di S. Apollinare, e controllare cosa c’era dentro.
Chi c’era dentro la bara?
Ovviamente dentro la bara ci doveva essere oltre a quello di De Pedis anche il cadavere di Emanuela Orlandi. E magari – perché no? – pure quello di Mirella Gregori. Cadaveri, quelli delle due ragazze, tenuti evidentemente in celle frigorifere per sette anni prima di essere sepolte nella bara di De Pedis ucciso nel 1990, cioè sette anni DOPO la loro scomparsa avvenuta nel 1983.
E’ nato così l’assurdo tormentone che ha tenuto banco fino al 14 maggio 2012, cioè per ben sette anni di fila, grazie al gran numero di puntate di “Chi l’ha visto?”, che ne ha tratto un enorme beneficio pubblicitario, subito imitata da altri programmi televisivi che raschiavano il fondo del barile.
Con i giornali che facevano in coro da cassa di risonanza. Tormentone particolarmente assurdo perché la sepoltura in S. Apollinare della salma di De Pedis, traslata dal cimitero del Verano, era già stata indagata dal 1995 al 1997 dal magistrato Andrea De Gasperis.
Che non avendo trovato nulla di illecito o neppure di irregolare o sospetto concluse la sua indagine con una archiviazione. E una profezia: “Questa faccenda non ha nulla di irregolare, ma è troppo ghiotta per i malpensanti. Perciò prima o poi qualcuno la tirerà fuori con grande clamore”. Come in effetti è avvenuto.
La nuova archiviazione dopo quella di De Gasperis è arrivata ai primi di giugno 2012, cioè dopo sette anni di indagini che meglio sarebbe definire caccia alle farfalle sotto l’arco di Tito. Oltre che settennato di puntate televisive e fantasiose inchieste giornalistiche tanto numerose e ricche di “colpi di scena” e “svolte decisive” quanto assolutamente fallimentari: una più vacua e inconcludente delle altre.
Per tenere in piedi avvalorandola alla bell’e meglio la nuova ipotesi lanciata dalla recente puntata di “Chi l’ha visto?” Pietro Orlandi, che ha sempre sostenuto che quella del nastro era la voce di Emanuela, a suo dire riconosciuta anche dal padre Ercole e dallo zio Mario Meneguzzi, si è fatto venire un sia per leggero dubbio che forse la voce non è di Emanuela.
E si è pensato bene di fare ricorso al parere di altre donne seviziate per sostenere che la voce o le voci femminili del nastro non possono essere tratte da film porno perché il dolore che si sente nel nastro “non può essere simulato, si capisce che è vero”.
Oltre a quello di altre donne stuprate e seviziate è stato riesumato anche il parere di un’esperta del calibro di Jessica Rizzo, nota porno star, che già l’anno scorso a “Chi l’ha visto?” aveva sostenuto che la voce del nastro non poteva essere una simulazione da film perché si sente bene che la sofferenza è autentica, “a meno che si trattasse di film sadomaso”.
Aperta la nuova stagione dell’Emanuela Orlandi Show con questi nuovi fuochi d’artificio, dalle polveri si direbbe alquanto bagnate, il programma Verissimo di Mediaset per non essere da meno ha invitato di nuovo Pietro Orlandi perché, saltando di palo in frasca, anziché dire di nuovo la sua sul nastro “delle torture” parlasse ancora della “pista inglese”, oggetto di una ghiotta puntata di Verissimo già l’anno scorso. Ma meglio non mettere troppa carne al fuoco: questo è un argomento che merita un altro articolo a parte.
Raiplay
Repubblica
Biccy
Il Fatto
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