Faida sarda: il processo a Antonello Piras che tirò una fucilata in pancia allo zio Nico che gli ucciso il padre…

Hanno chiesto e ottenuto il processo con rito abbreviato gli avvocati Giovanni Colli e Francesco Mossa, difensori di Antonello Piras, il giovane di 22 anni reo confesso dell’omicidio dello zio Nico, 42enne, morto in ospedale a Nuoro dopo che il nipote, il 3 ottobre scorso a Lula durante i festeggiamenti di Cortes Apertas, lo aveva colpito con una fuciltata all’addome.

Questa mattina la prima udienza davanti al gup del tribunale di Nuoro Mauro Pusceddu con la decisione di procedere con il rito alternativo e la costituzione delle parti civili: l’avvocato Francesco Lai per il figlio della vittima e l’avvocata Chiara Madia per la mamma.

Già fissata la prossima udienza: il 10 luglio sono previste la requisitoria del pm Pm Ireno Satta, le arringhe dei difensori e le richieste delle parti civili, nella stessa giornata dovrebbe anche essere pronunciata la sentenza.

L’imputato oggi era in aula, accompagnato dagli agenti penitenziari del carcere di Badu ‘e Carros, dove è detenuto dal 6 ottobre scorso, quando si era costituito dopo tre giorni di fuga, confessando l’omicidio.

Nico Piras era morto all’ospedale San Francesco di Nuoro a seguto della fucilata che gli aveva lesionato gravemente gli organi addominali interni. L’omicidio è stato l’epilogo di una vicenda familiare complessa e costellata di drammi.

Antonello Piras è figlio di Angelo Maria, ucciso nel gennaio 2015, per il quale era in corso il processo d’appello a Cagliari nei confronti di Nico Piras e di sua moglie Alice Flore, rimasta ora unica imputata. Il giovane aveva confessato il delitto, sostenendo di essere stato provocato dallo zio mentre si consumavano le ultime ore di una giornata di festa.

“Stavo bevendo al chiosco – aveva raccontato l’imputato ai carabinieri – Nico Piras mi ha provocato e dileggiato. Mi sono allontanato e sono andato in un altro chiosco, ma lui mi ha seguito mostrandomi una pistola e dicendomi che mi avrebbe fatto fare la fine di mio padre. Lì ho perso la testa, ho tirato fuori il fucile che avevo con me e ho fatto fuoco”.

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Warsamé Dini Casali