“Per mio figlio disabile il campo estivo costa 100 euro al giorno in più”. La denuncia di una madre

“Mandare un figlio disabile al campo estivo significa pagare un costo extra di circa 100 euro al giorno. Ora ditemi se questa non è una discriminazione”. È la denuncia di Sara Balotta, una madre di 40 anni di Barco di Bibbiano, nel Reggiano, che ha due figli di 3 e 5 anni, quest’ultimo con un autismo di livello 2 con iperattività grave.

A raccontare la storia è il Resto del Carlino di Reggio Emilia. “Parliamo con numeri alla mano. Il costo medio di un campo estivo in Italia si aggira tra i 100 e i 150 euro a settimana. Se sei disabile devi avere un sostegno e quindi un costo extra – a carico del genitore – di circa 100 euro al giorno. Al giorno. Diventano così 650 euro a settimana per 5 ore, quindi solo per la mattina”, spiega la donna che ha aperto anche un blog molto seguito, attraverso il quale sensibilizza sul tema delle disabilità anche tramite denunce quotidiane.

“Che belli i campi estivi. Luoghi di incontro, gioco, scoperta e crescita. Se non sei povero e nemmeno disabile – continua Balotta -. Ma un campo estivo dove non ci sono diverse etnie diverse culture e disabilità è davvero un luogo di scoperta e crescita? Peccato che in Italia i campi estivi variopinti non esistano. Oltre ad un costo veramente eccessivo che hanno, sono anche discriminanti verso le disabilità. Sì perché, quando hai un figlio disabile non sempre entrambi i genitori lavorano, spesso ne lavora soltanto uno e quindi le disponibilità economiche per forza di cose sono limitate”.

La donna ha dovuto abbandonare il lavoro per accudire il suo bimbo. «La beffa è soprattutto d’estate per noi famiglie ‘diverse’ – incalza -. Mettiamo la fortuna che il Comune di riferimento diventi improvvisamente magnanimo e offra l’educatore, a titolo gratuito: per accontentare tutti dovrebbe far fare solo una settimana a bambino. Quindi sarete d’accordo con me se la triste conclusione è: mio figlio solo perché disabile non può fare campi estivi, ergo non avrà possibilità di socializzazione né di insegnare agli altri bambini il suo mondo”.

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Warsamé Dini Casali