Il giorno prima della sentenza che lo condannava all’ergastolo per aver ucciso lo zio, Giacomo Bozzoli era già in Spagna. A scriverlo è il Corriere della Sera. Secondo il quotidiano, infatti, c’è una registrazione con il suo nome e cognome in un albergo spagnolo, la sera del 30 giugno.
Secondo la ricostruzione, Giacomo Bozzoli, la sua compagna e suo figlio sono arrivati come turisti. I due adulti hanno dato alla reception i loro documenti e gli investigatori sarebbero convinti che siano arrivati fin lì con la Maserati Levante dell’uomo, anche se il passaggio dell’auto non è stato rilevato. Mentre i giudici leggevano il verdetto, insomma, Bozzoli si era già dato alla fuga da otto giorni. Senza che nessuno si fosse accorto di nulla.
L’ipotesi del depistaggio
La coppia, da quel che si è capito, aveva detto che sarebbe andata in vacanza in Francia al padre di lei, il gallerista d’arte Daniele Colossi il quale lo ha detto ai carabinieri che sono andati a cercare il condannato dopo la sentenza, non avendolo trovato a casa. Dalla Francia i tre sarebbero usciti in direzione “della Penisola Iberica”, secondo fonti investigative. La traccia si ferma lì, a quel 30 giugno. Dal primo luglio, cioè dal giorno della sentenza in poi, più niente.
Prende piede quindi l’ipotesi di un depistaggio messo in atto la mattina del 24 giugno quando tra le 5.51 e le 6.03 la Maserati Levante intestata a Bozzoli era stata registrata dai lettori di targa tra Manerba del Garda e Desenzano, in provincia di Brescia. Chi era al volante della vettura?
Restano le domande: possibile che nessuno si sia accorto di nulla? Possibile che nessuno fosse andato a controllare, almeno un minuto? Possibile? Possibile. D’altronde siamo in Italia.