La Fiat Grande Punto su cui si trovavano Giulia Cecchettin e il suo ex Filippo Turetta potrebbe essere in Austria. L’ultimo avvistamento accertato risale a ieri mattina, 15 novembre, alle 9.30 a San Candido in Alto Adige, in direzione del confine. Gli investigatori hanno diramato un alert alle polizie estere. Mentre i passaggi finora confermati parlano di un tragitto durato quattro giorni in tre regioni: Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige.
Giulia Cecchettin aveva con sé un pc portatile il giorno dell’appuntamento col suo ex. Mentre un altro computer è stato consegnato dalla famiglia ai carabinieri che stanno cercando le tracce del laptop. Se è stato acceso ha sicuramente cercato di agganciarsi a una rete Wi-Fi. Le carte di credito e i bancomat in uso ai due ragazzi sono sotto controllo. Ad oggi non risulta che abbiano effettuato transazioni.
L’avvistamento delle 9.07 di domenica scorsa era nei pressi della località Ospitale, in direzione Cortina d’Ampezzo. Secondo Chi l’ha visto? invece l’ultima segnalazione della targa sarebbe a Sacile, in Friuli. La segnalazione che riguarda San Candido è di ieri. Tre giorni di silenzio e nessuna segnalazione. Ora sul tavolo degli inquirenti c’è anche un’altra ipotesi, ovvero che qualcuno abbia aiutato nella fuga.
A sostenere questa ipotesi è proprio la questione legata ai soldi. La domanda sorge spontanea: quanto cash avevano i due? L’idea degli inquirenti, scrive Il Messaggero, è che qualcuno stia coprendo la fuga dei due. Elena Cecchettin, la sorella di Giulia, ha detto a Chi l’ha visto? che lei non aveva paura di Filippo: “Non penso che fosse spaventata da quel punto di vista magari era più che altro stanca, scocciata di continuare a vivere da questa situazione dalla quale era uscita, senza uscirne veramente”. Elena ha ribadito che Filippo non le piaceva: “Era una persona possessiva, aveva alcuni atteggiamenti che non mi piacevano: le stava molto addosso, la controllava”.
Secondo la sorella di Giulia, Filippo utilizzava i ricatti emotivi: “Le diceva che era depresso, alludeva al fatto che potesse farsi del male, le diceva: sono triste, la mia vita fa schifo senza di te. Questo le metteva pressione”. Ed era geloso e possessivo: “Avevano un gruppo di amici in comune: se lei usciva da sola con le ragazze del gruppo, a lui non stava bene. Se dava una mano in casa perché mia mamma, che era malata, aveva bisogno, lui diceva: ma dobbiamo vederci. La voleva sette giorni su sette, 24 ore su 24”. Infine, il racconto di un viaggio a Milano di Elena e Giulia: “In treno lui la assillava al telefono, io non riuscivo a parlare con mia sorella. Le ho “sequestrato” il cellulare e l’ho messo in borsa. Filippo ha scritto a me perché avrei dovuto dire a Giulia di rispondergli. Gli ho detto: lasciala tranquilla. E lui: “Non è giusto, me l’ha promesso”. Alla fine ho smesso di rispondere anch’io”.
Ancora si attendono i risultati del Dna sulle macchie di sangue trovate a Fossò. Ieri i carabinieri hanno anche scandagliato dall’alto i corsi d’acqua del Veneziano e del Trevigiano. Così come le strade su cui potrebbero aver viaggiato in almeno cinque province.