Un minuto di rumore. Dopo l’assassinio di Giulia Cecchettin per mano dell’ex fidanzato Filippo Turetta, in tutte le scuole italiane si è tenuto alle 11 un minuto di silenzio per le donne vittime di violenze. Lo ha deciso il ministro dell’Istruzione Valditara.
Ma in molti licei, e università, rispondendo all’appello della sorella di Giulia in molti classe classi e aule al minuto di silenzio si è risposto con un minuto di rumore.
Così è successo in tanti licei di Roma e anche al La Sapienza. Proprio a Roma gli universitari, in occupazione a Fisica, oggi, contro la strumentalizzazione dei femminicidi, e in opposizione alla richiesta del ministro Valditara hanno deciso di mobilitarsi con un “minuto di rumore”: “Contro il minuto di silenzio, per Giulia facciamo casino”, ha detto in aula una studentessa.
Il “rumore” per Giulia è arrivato anche al Senato, nelle sale di Palazzo Giustiniani. Lo ha documentato su X il senatore Filippo Sensi postando un video che immortale diverse ragazze e ragazzi che fanno rumore a Palazzo Giustiniani. Un’iniziativa “con la presidente e la ex presidente della Commissione Femminicidio (grazie Giusy Versace)”, scrive Sensi.
“È di poche ore fa la notizia dell’ennesimo femminicidio nel nostro Paese, stavolta a Fano. E mentre il ministro Valditara crede di poter lavarsi la coscienza proponendo un minuto di silenzio, oggi le studentesse e gli studenti infrangono il minuto di silenzio in tante scuole del Paese, trasformandolo in un minuto di rumore. Un minuto di rumore per le 106 donne uccise quest’anno dagli uomini, per rimarcare che non si deve mai più tacere”.
Unanime è la voce che si leva dal mondo studentesco: “serve una legge per una reale educazione all’affettività, alla sessualità e alle relazioni. Il progetto sperimentale “Educare alle relazioni” di Valditara appare incompleto già in partenza, senza gli strumenti per affrontare davvero il problema”.
“Gli studenti hanno le idee chiare su ciò che serve davvero alle scuole – dice Camilla Velotta della Rete degli Studenti Medi – percorsi obbligatori fin dal primo ciclo di istruzione da svolgere in orario curricolare, anche attraverso le ore di educazione civica, e gestiti da un team di psicologi e sessuologi, esterno alle mura scolastiche. Secondo la Rete, serve strutturare dei percorsi inclusivi, aperti a tutti, fuori dagli stilemi di una cultura che non va oltre il binarismo uomo-donna. È imprescindibile, inoltre, che ogni scuola faccia riferimento al centro antiviolenza più vicino sul territorio, strutturando dei momenti di incontro con il personale dei centri.
“Non può bastare un progetto sperimentale per risolvere una crisi educativa e cultura di dimensione sistemica: serve una legge nazionale, con direttive ministeriali chiare, per rendere omogenei questi percorsi in tutto il Paese – conclude Velotta – Abbiamo presentato la nostra idea più volte al ministro, anche commentando la sua bozza di Educare alle relazioni e proprio per questo non possiamo nascondere la nostra perplessità su quanto verrà presentato domani.” “Serve un progetto serio per le nuove generazioni” concludono gli studenti, “Il nostro Paese non può perdere l’ennesima occasione per fare i conti con il sistema patriarcale in cui ognuno di noi cresce e si forma.”