Giulia Cecchettin è stata uccisa da Filippo Turetta non in un raptus omicida. “Non è nato tutto quella sera. È chiara la premeditazione del gesto. Filippo Turetta ha invitato Giulia a cena, ha provato a convincerla a non laurearsi prima di lui – dicono – come avrebbe tentato di fare in tutto il periodo precedente, lei evidentemente non ha accettato e, a quel punto, lui aveva già il coltello con sé. Aveva già fatto ricerche su come sopravvivere in montagna quindi era già pronto al piano b”.
Il giudizio senza margini di dubbio è della criminologa Tonia Bardellino, docente di sociologia della devianza e della criminalità all’università Ecampus e di criminologia al master di II livello dell’università Niccolò Cusano. È stato raccolto da Benedetta Ferrari per Etruria News.
Prosegue Tonia Bardellino. “Ciò che caratterizza la psicologia di Filippo e di quelle figure maschili come lui è la manifestazione della loro violenza in una terribile e implosa paura del non controllo, dell’abbandono, della separazione, della perdita.
“Dal punto di vista epidemiologico e statistico, l’80% o anche di più dei femminicidi è fatto da maschi abbandonati che non sopportano e non metabolizzano l’idea del rifiuto e “del NO”, perché hanno investito talmente tanta della loro energia psichica e dei loro vissuti su quel rapporto che l’idea di essere abbandonati non è metabolizzato, non è realizzabile.
“Turetta è narcisista passivo-aggressivo. Un cosiddetto “covert” che non ti perdona che gli altri possano pensare che sei migliore di lui, come per la povera Giulia.
“Filippo non è riuscito a elaborare non solo la fine della storia ma si è sempre sentito inadeguato rispetto a Giulia. Perché lei gli obiettivi li aveva raggiunti e lui no. Evidentemente c’era una sorta di competizione diretta tra i due. Che Giulia non ha visto e non ha colto, ma da parte di Filippo c’era.
“E tutto questo accade non a caso , come accennavamo a ridosso della laurea di Giulia. Un momento in cui lei avrebbe certamente spiccato il volo e avrebbe cominciato anche una sua carriera. Una fine definitiva, quindi, di quella relazione che lui non tollerava potesse avvenire.
“Probabilmente l’ha attirata in questa trappola con la consapevolezza premeditata che quel giorno lei a casa non sarebbe tornata . Il solo pensare che una ragazza sia come una proprietà , un’oggetto non c’entra niente con l’innamoramento. È una concezione medievale. Filippo aveva delle problematiche psicologiche importanti, di matrice narcisistica. Nessuno dei suo atteggiamenti nei confronti di Giulia avevano a che fare con l’amore”.
“Molte ragazze, anche molto giovani, purtroppo, in maniera assai distorta tendono a considerare il controllo serrato e la limitazione di tutta una serie di azioni della vita del partner come un segno di interesse. In realtà è un segnale di disagio psicologico, se non vogliamo chiamarla patologia. E’ bene che anche i genitori di questi ragazzi comincino a guardare con occhi diversi certe caratteristiche dei propri figli, perché il problema del riconoscimento di questi soggetti non è soltanto da parte delle vittime, ma anche da parte delle famiglie che tendono a manifestare una sorta di cecità perché ogni qual volta salta fuori che questi ragazzi sono ossessivi, controllanti, spregiudicati, arroganti lo considerano come segnale di propensione alla leadership. Cosa che non è: sono segnali di una personalità disfunzionale”.
“La verità, tra le altre, in questa tristissima storia e che c’è un declino dell’empatia, è una leucemia dell’anima sempre più dilagante in questa epoca anomica e sciagurata, siamo sempre meno empatici è sempre pieni di telefonini in qualsiasi occasione. Continuiamo a interrogarci su cosa sia successo nella testa di Filippo, continuando a guardare in questo modo la goccia che ha fatto traboccare il vaso perché il vaso era già pieno e il fatto che di non essercene accorti è la radice del problema.
“Siamo costretti ad assistere all’ultimo epilogo, a tentare di analizzare gli eventi con teorizzazioni fuorvianti e non valide che parlano di raptus mentre la violenza di Filippo e è un progetto, non si diventa del resto lupi in una notte. Bisogna tenerlo a mente. Come bisogna purtroppo ricordare di quanta “connessione” sia scambiata per coesione e relazione umana. Spesso non c’è nelle nostre vite un’amica con cui prendere una cioccolata calda che non sia su facebook, un’amica vera che ci fa ridere. Questa è disumanità e non l’abbiamo capito. Da qui bisogna ricominciare e insegnare l’educazione sentimentale perché non ci sia un altro Filippo e un’altra Giulia. La nostra Giulia”.