Una recente decisione della Corte di Cassazione ha sollevato importanti questioni riguardo ai diritti dei lavoratori e al trattamento delle malattie gravi sul posto di lavoro. Nel caso di un operaio toscano che era stato licenziato nel 2019 per aver superato il limite di assenze per malattia, la Corte ha ordinato il suo reintegro sul posto di lavoro e il pagamento di tutti gli stipendi arretrati, ritenendo il licenziamento discriminatorio. L’uomo, assunto nel 2009, aveva scoperto nel 2010 di avere una rara forma tumorale all’orecchio destro. Durante il periodo di trattamento, che ha comportato ricoveri ospedalieri, chemioterapia e visite specialistiche, si era assentato dal lavoro per un totale di 458 giorni. Nonostante fosse stato assegnato a mansioni compatibili con la sua condizione di salute, era stato licenziato dopo due declassamenti di mansioni.
La sentenza
La Corte di Cassazione ha stabilito che le assenze dovute a trattamenti medici per malattie tumorali non devono essere conteggiate nel limite massimo di assenze per malattia sul posto di lavoro, poiché non possono essere considerate comportamenti scorretti da parte del dipendente. Questa decisione sottolinea l’importanza di considerare le circostanze personali e di salute dei lavoratori nelle decisioni di licenziamento e di assicurare un trattamento equo e non discriminatorio.
La sentenza conferma anche il diritto del dipendente al reintegro sul posto di lavoro e al pagamento degli stipendi arretrati, oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per il periodo di assenza. La certificazione medica prodotta in tribunale, che ha attestato la gravità della malattia e la necessità dei trattamenti “salvavita”, ha giocato un ruolo fondamentale nella decisione della Corte.