Il tempo medio di attesa nei pronto soccorso italiani prima di essere ricoverati in area medica è aumentato di 6 ore, passando da 25 ore nel 2019 a 31 ore nel 2023, registrando un incremento del 25%. Questo significativo dato emerge dai report dell’Osservatorio Simeu, che descrivono l’evoluzione dell’attività erogata dalla Medicina di Emergenza Urgenza negli ultimi anni. La rilevazione è stata condotta su un campione rappresentativo di pronto soccorso italiani, confrontando i dati del 2019, anno pre-pandemico con circa 20 milioni di accessi nazionali, con quelli del 2023, che registrano 18 milioni di accessi, secondo i dati forniti da Agenas.
L’aumento del tempo di attesa per il ricovero in area medica del 25%, ovvero 6 ore in più, riflette un grave disagio per i pazienti e un incremento dell’impegno assistenziale nei pronto soccorso. Il past president Simeu, Salvatore Manca, commenta: “Quel tempo ha un valore assoluto che riflette il disagio dei pazienti e l’impegno assistenziale messo in atto nei pronto soccorso, sempre più a corto di strumenti per provvedere alle nuove esigenze. Se si moltiplica il tempo di 31 ore per il numero dei ricoveri in Medicina in un anno emerge una cifra spaventosa: decine di milioni di ore di assistenza e cura in barella.”
Inoltre, i dati dell’Osservatorio Simeu mostrano un aumento dei pazienti con più di 80 anni che si rivolgono al pronto soccorso: nel 2023, sono stati circa 4.860.000, ovvero il 27% degli accessi totali, rispetto ai 4.600.000 del 2019, pari al 23%. Andrea Fabbri, responsabile dell’Osservatorio Simeu, sottolinea: “È un dato impressionante che deve essere spiegato. A fronte di una diminuzione del numero totale degli accessi al pronto soccorso, l’incremento relativo di pazienti così anziani provoca un aumento, in termini assoluti, di oltre 250.000 casi. Ma è ancora più importante comprendere che è la composizione della popolazione del pronto soccorso a mutare profondamente. Le esigenze cliniche e assistenziali di pazienti così anziani moltiplicano l’impegno necessario da parte di tutti gli operatori (medici, infermieri, OSS) per un fattore di incremento che è certamente superiore alla semplice differenza numerica.”