Infermieri dall’India, il ministro della Salute Schillaci ne promette un’infornata di diecimila unità. Infermieri dall’Argentina, l’assessore al Welfare della Regione Lombardia Bertolaso annuncia l’arruolamento di duecento dall’Università di Rosario, la città di Messi.
La cronica, strutturale penuria di infermieri spinge la destra di governo a cercare soluzioni fuori dai confini. L’ordine degli Infermieri lombardo protesta perché i nuovi arrivati non possono garantire la stessa competenza degli infermieri formati in Italia.
“Non si può ignorare che, quando verranno in Italia, questi infermieri troveranno notevoli difficoltà con la lingua. Importare forze dall’estero comporta sempre questa difficoltà”, sostiene Enrico Marsella, presidente dell’Ordine di Cremona.
Che contesta anche l’esiguità dell’investimento: “In Lombardia, abbiamo un ‘buco’ di oltre 9.000 infermieri. I nostri infermieri attualmente sono 65.000. Duecento in più sono pochi”. In percentuale lo 0,3% in più del fabbisogno attuale.
Altri numeri alimentano proteste più puntuali: se dobbiamo cercare all’estero, perché non iniziare dalle moltitudini di infermieri formati in Italia e dispersi ai quattro angoli del mondo? L’esodo, che ha visto più di 48.000 infermieri lasciare l’Italia dal 2002, ha raggiunto un picco di 15.000 nei soli ultimi tre anni.
A questo proposito, va menzionata #Prontiatornare, la campagna lanciata dal sindacato degli infermieri Nursing Up per promuovere il rientro degli infermieri italiani emigrati. “Il 40% tornerebbe a casa se vi fossero stipendi adeguati e stabilità contrattuale”.
Il presidente di Nursing Up Antonio De Palma lancia un appello alla politica, invitandola ad “agire subito per evitare il crollo della nostra professione”. Un rischio reale se si considera “l’invecchiamento della popolazione e il dimezzamento delle iscrizioni ai corsi di laurea infermieristica negli ultimi 15 anni”.